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Cronaca martedì 12 gennaio 2016 ore 10:26

"Intuito e fortuna, così ci siamo salvati"

Lino Diana racconta come sono scampati al soffocamento per monossido di carbonio: "Voglio ringraziare tutti i medici che ci sono stati vicino"



CAMPO NELL'ELBA — Se la signora Marcella non avesse aperto la finestra mentre stava preparando la cena, se Lino non avesse avuto quella scintilla di intuito che lo ha puntato nella giusta direzione, se i medici fossero stati meno pronti e reattivi. Sono molte le cose che sarebbero potute andare storte in quei due giorni e che avrebbero trasformato questa storia in tragedia.

Invece una mano dal cielo, per chi ci crede, o il destino per gli scettici, hanno permesso a Lino Diana di accoglierci nella sua casa di La Pila insieme alla sua bella famiglia e poterci raccontare di come, alla fine, sia andato tutto bene.

"Prima di tutto voglio ringraziare tutti i medici, gli infermieri e il personale dell'ospedale di Portoferraio - comincia Diana - che ci hanno accompagnato in quest'avventura. Sono stati molto carini, ci hanno spiegato passo passo quello che stava succedendo e quello che avremmo provato nella camera iperbarica. Guido Campani, l'anestesista che ha accompagnato i nostri figli è stato eccezionale".

Il viaggio che ha portato la famiglia Diana, Lino, la moglie Marcella e i due figli Edoardo e Riccardo di 10 e 15 anni, a un passo dall'intossicazione è cominciato giovedì sera: "Ho sentito uno scoppio nella caldaia, come un petardo - spiega Lino - l'ho spenta e ho chiamato il tecnico che è venuto il giorno dopo per un controllo. Sembrava tutto regolare e così venerdì sera l'ho accesa per un paio d'ore".

Invece tutto a posto non era. Si era formata della condensa nella camera di condensazione della caldaia, una piccola quantità d'acqua che si è trasformata in vapore che, aumentando di pressione, ha fatto saltare il collettore di un tubo di scarico nella parte che passa in casa. Per quelle due ore quindi la caldaia buttava in casa vapore e monossido di carbonio. Invisibile, inodore, letale.

"Quella sera ho cucinato e fritto qualcosa, ho aperto la finestra per cambiare aria - racconta Marcella - e forse questo ci ha salvato la vita". Come pure ha contribuito la cautela di Lino: "Spengo sempre la caldaia la sera e ho sempre temuto il monossido di carbonio, nella casa che avevamo prima di questa avevo anche montato un rilevatore. Ne ho ordinato uno anche per questa".

Una precauzione che ha fatto la differenza, se la caldaia fosse rimasta accesa per tutta la notte l'epilogo sarebbe potuto essere tragico. "La mattina di sabato ci siamo svegliati tutti con nausea e mal di testa – ricorda Lino – io ho subito pensato al monossido. Non so perchè, forse per una mia paura, ma ho mandato subito fuori tutti all'aria aperta e ho chiamato il tecnico per un altro controllo”.

Lino poi si allontana per andare a lavoro, fa il muratore e gli impegni sono tanti, ma rimane in contatto con la famiglia. Il malessere non diminuisce, lui stesso suda molto e ha la bocca secca come mai prima. “Ho chiamato un vicino e l'ho pregato di portare la mia famiglia al pronto soccorso, ormai ero certo che fosse monossido”.

La sua paura si è rivelata fondata, appena Marcella e i ragazzi sono arrivati all'ospedale di Portoferraio i medici hanno chiamato anche Lino: ricovero immediato e trattamento con la camera iperbarica.

“Ci hanno fatto due cicli – ricorda Diana – tutt'e due di due ore e mezzo ciascuno. Con il primo ci hanno portato a 18 metri di profondità, con il secondo a 14 metri. E' stata una fortuna che l'ospedale fosse attrezzato e che il personale sapesse esattamente come fare”.

“Sono stati gentilissimi – conclude Marcella – il pediatria, dottor Beani, ci ha permesso di stare tutti insieme per non spaventare i ragazzi e durante i trattamenti non ci hanno mai abbandonato. Si legge molto di malasanità ma quando le cose funzionano è giusto dirlo e a Portoferraio abbiamo del personale meraviglioso”.

La famiglia Diana è stata dimessa la domenica pomeriggio con la sola raccomandazione di bere molta acqua per smaltire le ultime scorie rimaste nel sangue. E ringraziare la sorte per quelle svolte che il fato ha deciso di prendere nella giusta direzione.

Luca Lunedì
© Riproduzione riservata


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