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Attualità venerdì 31 luglio 2020 ore 09:00

Emissioni, la sfida toscana della geotermia

Geotermia

I progetti di nuovi impianti a ciclo chiuso nell'area amiatina al centro di un'inchiesta di "Internazionale". Sono 34 le centrali geotermiche toscane



FIRENZE — Il futuro della geotermia si scrive in Toscana dove il settore ha radici profonde e una storia più che centenaria che risale alle ricerche dell'ingegnere italo-francese Giacomo Lardarel (da cui il nome Larderello dato alla frazione di Pomarance, in provincia di Pisa). E' in Toscana infatti che si cercano soluzioni alternative alle centrali geotermiche a ciclo aperto, cioè quelle che liberano residui gassosi nell'atmosfera.

 A fare il punto è un'inchiesta uscita sul settimanale Internazionale che parte dall'acceso dibattito sulle centrali sorte negli anni nelle vallate ai lati dell'Amiata, divenuta, anche iconicamente, il cuore della geotermia a livello globale. Centrali come quelle di Bagnore 3 e 4 o quelle di Piancastagnaio. Impianti attorno ai quali si sono levate anche accese proteste come quelle della rete Nogesi (No alla geotermia speculativa e inquinante) che punta il dito contro i rischi per la salute connessi con le emissioni in atmosfera dei residui. 

Ma la stessa inchiesta tira in ballo anche una possibile alternativa allo studio sostenuta, si legge, dal sindaco di Abbadia San Salvatore (sostenitore del no alla geotermia) Fabrizio Tondi: si tratta di un nuovo tipo di impianto a ciclo chiuso, in cui, cioè, tutto il fluido estratto dal sottosuolo viene a sua volta reimmesso sotto terra evitando in questo modo le emissioni in atmosfera. Con la possibilità concessa dal Governo, dal 2011, di esplorare questo settore, sembrerebbe essersi aperta una nuova frontiera. Anche, qui, comunque, le perplessità restano e le proteste pure. 

Soluzioni ulteriori? L'inchiesta di Internazionale ne cita un'altra che, si legge, è supportata da Andrea Borgia, ricercatore in geologia all'Università di Berkeley in California: si tratta di un nuovo tipo di tecnologia che estrae calore invece di fluido e, che di conseguenza, supera la reimmissione nel sottosuolo. Negli Stati Uniti e in Canada la sperimentazione di questa soluzione è iniziata. Vedremo se sarà pensabile utilizzarla anche in Toscana.


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