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Attualità mercoledì 15 giugno 2016 ore 13:36

Moda, in dieci anni una strage di negozi

Servizio di Dario Pagli

Dal 2005 in Toscana se ne sono persi 1400 secondo i dati resi noti da Federemoda Confcommercio nell'assemblea nazionale a Firenze



FIRENZE — Non conforta molto che nell'ultimo anno il calo dei negozi che vendono moda sia stato inferiore rispetto a quello del 2015 con una perdita di soli 72 punti vendita. Il dato rilevante resta la tendenza registrata dal 2005 a oggi, cioè quello che registra un'emorragia che ancora non si è riusciti a tamponare. 

Di questo si è parlato nell'assemblea nazionale di Federmoda Confcommercio organizzata a Firenze nella settimana in cui il capoluogo ospita Pitti Uomo.  "Dagli 8.679 del 2005 siamo passati ai 7.277 del 2015", ha detto la presidente regionale Federica Grassini.

"Finora le politiche urbanistiche di tante città - ha aggiunto Grassini - hanno favorito solo i grandi insediamenti commerciali, dove la moda è spesso rappresentata solo dalle grandi catene. Ma se non vogliamo che i nostri centri storici perdano la vitalità dobbiamo aiutare i piccoli negozi della rete tradizionale a sopravvivere. Il rischio è la desertificazione, come è accaduto in tanti paesi europei che ora infatti stanno tornando sui loro passi, vedi l'esempio della Francia".

Secondo i dati di Unioncamere Toscana, in Toscana a fine 2015 le imprese del settore sono 7.277, per un totale di 11.399 unità locali attive.

Dal presidente nazionale di Federmoda Renato Borghi arriva poi la richiesta al Governo: "Quello che chiediamo è una riforma fiscale che sia strutturale: non siamo molto favorevoli al bonus degli 80 euro, vorremmo che ci fosse una politica fiscale che riduce l'Irpef per le famiglie come primo passo, e poi alleggerire ancora la pressione fiscale sulle imprese".

 "Era nelle nostre aspettative che ci fosse un cambio di passo nella ripresa, ma in realtà secondo noi non si è ancora realizzato - ha spiegato Borghi - ci sono segnali, che abbiamo accolto con grande favore, di una modesta ripresa, che però non sono consolidati nel tempo, l'andamento è altalenante. Il nostro settore soffre di una crisi da tempo, ancora nell'ultimo anno abbiamo perso 15mila punti vendita in Italia: questo succede perché il consumo di abbigliamento è facilmente differibile nel tempo, le famiglie sono ancora oberate da un livello di tassazione eccessivo, e quello che riescono ad avere di maggiori introiti preferiscono destinarlo al risparmio".


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