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Attualità sabato 21 novembre 2015 ore 11:00

Sul commercio la Consulta dà ragione alla Toscana

Il governo aveva fatto ricorso alla Corte costituzionale, ipotizzando un conflitto tra la legge urbanistica regionale e le liberalizzazioni di Monti



FIRENZE — Al centro del contendere ci sono gli articoli 25, 26 e 27 di questa legge che stabiliscono in sostanza le regole da rispettare per aprire nuovi centri commerciali o esercizi medio grandi.

Secondo il governo la legge regionale sarebbe entrata in contrasto con le liberalizzazioni volute da Mario Monti, poiché avrebbe tutelato gli esercizi di vicinato con strumenti non conformi al diritto dell’Unione Europea.

Una lettura bocciata dalla Corte costituzionale, per la soddisfazione delle categorie del commercio.

"Le Norme in questione - ha sottolineato il direttore generale di Confcommercio Toscana, Franco Marinoni - hanno infatti l’obiettivo di evitare il consumo di nuovo territorio promuovendo invece il riuso delle aree dismesse. A questo mira la valutazione preventiva delle amministrazioni locali, che hanno il dovere di garantire, oltre alla libertà economica, anche la tutela dell’ambiente e del patrimonio culturale, del lavoro e della socialità, vincoli per altro contenuti anche nella normativa statale. Non vengono invece posti vincoli numerici o di distanza tra l’una e l’altra struttura di vendita, né contingentamenti territoriali”.

"Siamo soddisfatti dell’esito della sentenza della Corte - ha aggiunto il presidente di Confesercenti Toscana, Nico Gronchi -, che produrrà effetti positivi sulle nostre città; tornerà, finalmente, al territorio la possibilità di assumere decisioni in materia del commercio. La programmazione urbanistica relativa alle Grandi e Medie superfici di vendita, anche in forma aggregata, viene pienamente confermata; anche, attraverso lo strumento innovativo della
conferenza di copianificazione, poiché da oggi occorrerà il confronto tra tutti i Comuni e luoghi interessati".

"Gli effetti positivi della sentenza - ha aggiunto - andranno a stabilizzare tutte le situazioni in sospeso; una soluzione, anche, per la questione della media distribuzione aggregata che si equipara alla grande distribuzione. Era impensabile che 10 negozi limitrofi da 1.000 mq non costituissero un esempio di grande distribuzione; oppure che Comuni con 5.000 abitanti potessero progettare l’insediamento di superfici commerciali da 30.000/40.000 mq, senza tenere in considerazione gli effetti prodotti sui territori limitrofi".


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