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Attualità mercoledì 15 aprile 2015 ore 17:01

Da migrante a sindacalista in Cgil

Vengono da Cuba, dal Senegal, dall'Albania e, nel sindacato, rappresentanto il 15%. Le storie di questi immigrati nel seminario "Migranti e Cgil"



FIRENZE — Arrivare in Italia da migranti in cerca di lavoro, superare pregiudizi e difficoltà e infine diventare anche sindacalisti. Le storie di decine di immigrato che hanno compiuto questo percorso all'interno della Cgil sono state al centro del seminario “Migranti e Cgil” promosso da Cgil Toscanaa cui sono intervenuti Maria Grazia Meriggi dell'Università degli Studi di Bergamo, Alberto Tassinari di Ires Toscana e Kurosh Danesh di Cgil Nazionale). Ha detto

“Nella Cgil i migranti, esclusa la categoria dei pensionati, sono oltre il 15%, una realtà fondamentale - ha detto Maurizio Brotini di Cgil Toscana - Oggi abbiamo dato voce a un numero significativo di migranti che non solo hanno scelto la nostra organizzazione come strumento di tutela e di rivendicazione ma che svolgono una funzione di direzione politica, nelle categorie, nei servizi, nelle Rsu/Rsa. Qual è stato il loro percorso: come hanno incrociato la Cgil, perché l’hanno scelta, come vivono il loro ruolo, cosa potremmo fare di più e meglio. Una riflessione che si pone l’obiettivo di includere, rappresentare, organizzare tutti i lavoratori e tutte le lavoratrici, indipendentemente dal loro paese di origine, con la consapevolezza della complessità che questo richiede. Perché questa è la Cgil”. 

Migranti e sindacalisti
Osmadi Abedin (Fillea Cgil Pisa): “Quando il sindacato tutela il lavoro, lo fa senza distinzione di nazionalità. Noi ormai siamo stranieri nei paesi di origine. I lavoratori immigrati sono sempre a rischio di irregolarità perché dipendono dal posto di lavoro. Ma come poi farebbero le famiglie senza le badanti straniere?”. 

Ndiaye Babacar (Fillea Cgil Arezzo): “Un mio cugino senegalese mi ha portato allo sportello migranti del sindacato. Ciò ha influenzato in meglio la mia vita”. 

Ditila Hako (Inca Cgil Pistoia): “Negli ultimi anni la società è diventata più aggressiva verso i migranti. Il comparto dei servizi è uno di quelli che secondo me attirano di più i migranti nel mondo Cgil”. 

Sofia Hurtado: “Sono un'ex delegata di Fp Cgil Firenze, noi immigrati vogliamo essere protagonisti, si parla di noi senza parlare con noi. Lancio una proposta: sindacati e associazioni organizzino gli Stati generali sull'immigrazione, e realizzino un libro bianco sul tema”. 

Arian Malvataj (Fillea Cgil Siena): “Avevo 19 anni, lavoravo in fabbrica e poi in edilizia senza sapere i miei diritti, poi ho conosciuto la Cgil e ho capito che i lavoratori sono tutti uguali. Ho passato tanti momenti difficili e subìto un infortunio grave sul lavoro, sono stato mesi con le stampelle e senza stipendio e l'azienda mi voleva scaricare dandomi la colpa. Grazie ai ricorsi della Cgil sono tornato in cantiere con dignità, più rispettato di prima. Queste sono le cose con cui far capire a tutti cosa è la Cgil, io sono stato fortunato ma tanti colleghi stranieri sono in difficoltà”. 

Rexhep Paja (Fillea Cgil Livorno): “Non so se mi sento più italiano o albanese ormai. Purtroppo in Italia passano dei messaggi sui media che gli stranieri vengono a rubare il lavoro agli italiani. Ma l'Inps e le Poste ad esempio sono stati sanati grazie agli stranieri, e nemmeno possiamo votare. In Italia il problema è la corruzione, non gli stranieri”. 

Josefa Quesada (Flai Cgil Livorno): “Sono giunta in Italia da Cuba 16 anni fa, mi stanno a cuore i problemi delle donne, molte delle quali si vergognano a chiedere aiuto”.

Eddie Efanga (Cgil Siena): “Quando sono arrivato in Italia negli anni Ottanta c'era poca immigrazione e tanti pregiudizi verso di noi, quando ti vedevano portavano via i bambini. L'unica porta che ci si aprì fu quella della Cgil. Ora la politica vuole indebolire la Cgil, ma questa battaglia di integrazione va continuata. E' importante la questione dei contributi pensionistici: quando i migranti tornano in patria li perdono, e chi resta qua non riesce ad avere una pensione. Non è giusto”.


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