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Attualità giovedì 19 novembre 2020 ore 18:35

Farmaco antiartrite può ridurre la mortalità Covid

La ricerca pisana, al centro di una collaborazione internazionale, riguarda un farmaco antinfiammatorio per il trattamento dell’artrite reumatoide



PISA — Secondo uno studio internazionale che vede al lavoro anche una equipe pisana, un farmaco antinfiammatorio approvato per il trattamento dell’artrite reumatoide, il baricitinib, può essere efficace nel ridurre la mortalità e il rischio di intubazione in pazienti anziani con grave polmonite da SARS-Cov2. 

E' il risultato di una ricerca alla quale ha lavorato un gruppo clinico dell’Azienda ospedaliero-universitaria pisana, insieme all'Imperial College di Londra, il Karolinska Institut di Stoccolma, l'Università di Oxford, Cambridge, Toronto, Vancouver e Albacete. 

A rendere noti i risultati della ricerca, pubblicati anche su Science Advances, è l'Azienda ospedaliera universitaria pisana.

“Abbiamo urgentemente bisogno di terapie efficaci in attesa del vaccino che sarà disponibile su larga scala solo in primavera – dichiara il professore Marco Falcone , infettivologo, che insieme al professore Francesco Menichetti ha coordinato la ricerca con i colleghi inglesi e svedesi - e noi a Pisa stiamo profondendo ogni sforzo per identificare nuovi trattamenti realmente efficaci, tra cui appunto il baricitinib. E’ stato un algoritmo di intelligenza artificiale, che ha passato al setaccio migliaia di molecole – prosegue Falcone - a identificare per la prima volta il baricitinib come possibile opzione utile a interferire la risposta infiammatoria e la endocitosi virale (ingresso del virus nelle cellule umane) durante la malattia Covid-19. I colleghi dell’Imperial College, venuti a conoscenza della nostra esperienza clinica preliminare, ci hanno proposto uno studio collaborativo atto a verificare il meccanismo di azione del farmaco contro Covid-19 nei nostri pazienti”.

"La terapia con baricitinib - si legge in una nota dell'Aoup- è risultata associata a una riduzione del rischio di morte pari al 70 per cento in un gruppo di pazienti con età mediana di 81 anni e polmonite grave da SARS-Cov2; inoltre lo studio ha anche dimostrato come il rischio di morte o di intubazione orotracheale è stato pari al 17% dei pazienti trattati rispetto al 35% dei pazienti non trattati. Lo studio ha anche analizzato l’attività del farmaco nei pazienti con Covid19 ricreando una miniatura degli organi umani in laboratorio, i cosiddetti organoidi. Tale modello sperimentale ha permesso di identificare due meccanismi di azione del farmaco: un primo meccanismo antinfiammatorio che riduce il rilascio di sostanze infiammatorie, chiamate citochine, che sono associate al danno polmonare acuto e alla sindrome da distress respiratorio dell’adulto (ARDS), e un secondo meccanismo di inibizione dell’endocitosi virale".

“Si tratta di risultati preliminari – conclude il professore Falcone - che andranno confermati da studi randomizzati in corso".

Oltre al professore Falcone, al professore Menichetti e alla dottoressa Giusy Tiseo dell’Unità operativa di Malattie infettive, lo studio ha coinvolto tutti i responsabili del gruppo clinico Covid-19 dell’Aoup ovvero il professore Francesco Forfori, direttore dell'Unità operativa di Anestesia e rianimazione interdipartimentale, il professore Lorenzo Ghiadoni, direttore dell’Unità operativa di Medicina d’urgenza universitaria, la professoressa Laura Carrozzi, direttrice dell’Unità operativa di Pneumologia, il professore Agostino Virdis, direttore dell’Unità operativa di Medicina interna 2, il dottore Salvatore De Marco, direttore dell’Unità operativa di Medicina interna 5, il professore Fabio Monzani, direttore dell’Unità operativa di Geriatria e il professore Mauro Pistello, direttore dell’Unità operativa di Virologia. Ha anche collaborato allo studio il professore Alessio Farcomeni, ordinario di Statistica dell'Università di Roma Tor Vergata.


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