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Cronaca mercoledì 06 dicembre 2017 ore 15:00

"Il parà Scieri non si uccise, fu aggredito"

Queste le conclusioni a cui è giunta la commissione parlamentare d'inchiesta sulla morte del militare nella caserma Gamerra di Pisa



ROMA — Finalmente luce e verità cominciano a illuminare la tragica morte di Emanuele Scieri, il militare di leva il cui corpo senza vita fu ritrovato ai piedi di una torretta della caserma Gamerra di Pisa il 16 agosto 1999. Nato a Siracusa, Emanuele aveva 26 anni.

I vertici della Folgore hanno sempre sostenuto che il giovane si fosse tolto la vita. Dopo venti mesi di indagini, con 45 audizioni e l'esame di oltre seimila pagine di documenti, la commissione parlamentare d'inchiesta è arrivata a conclusioni opposte: "Il parà sicuracusano Emanuele Scieri fu aggredito prima di salire sulla toretta della caserma". Quindi la sua morte non fu affatto un suicidio.

"Gli elementi da noi riscontrati - ha spiegato il presidente della commissione Sofia Amoddio del Pd - consentono di escludere categoricamente la tesi del suicidio o di una prova di forza a cui si voleva sottoporre Emanuele Scieri scalando la torretta, tesi che nel 1999 la catena di comando della Folgore suggerì. La consulenza cinematica di tecnici specializzati ha accertato che una delle scarpe di Scieri ritrovata troppo distante dal cadavere, la ferita sul piede sinstro e sul polpaccio sono del tutto incompatibili con una caduta dalla scala e mostrano chiaramente che il giovane è stato aggredito prima di salire sulla scaletta".

La commissione ha rilevato numerose anomalie anche durante i rilievi effettuati dopo la morte del parà sulla scena del crimine: "Dalle audizioni abbiamo appreso che intervennero tre nuclei diversi dell'Arma dei Carabinieri e che le operazioni di rilevamento iniziarono in assenza del pm di turno e senza la presenza del Ris - ha detto ancora la presidente della commissione - Il cadavere di Scieri fu manipolato per estrarre dal suo marsupio il telefono cellulare e risalire al suo numero di telefono".

"Nella Gamerra c'era un'altissima, sorprendente tolleranza verso comportamenti di nonnismo - prosegue Amoddio - La commissione ha fatto emergere le falle e le distorsioni di un sistema disciplinare fuori controllo e ha rintracciato elementi di responsabilità depositandoli presso la procura di Pisa. Ora speriamo che il nostro lavoro possa restituire verità e giustizia alla memoria di Emanuele".


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