Attualità

Industria, dal contagio alla Cig, 2020 da incubo

Richieste di cassa integrazione cresciute di 200 volte solo nei distretti tra Prato, Pistoia e Lucca. E nel resto della Toscana non va meglio

I due mesi di chiusura con il conseguente stop a gran parte dell'attività industriale presentano il conto. E se per avere un quadro completo della situazione a livello regionale occorrerà ancora un po' di tempo, un'idea di come siano andate le cose la dà la stima fatta da Confindustria Toscana Nord sulle perdite registrate nel primo trimestre del 2020: -6,8 per cento solo nei distretti compresi tra Lucca, Pistoia e Prato. Un risultato sconfortante, soprattutto se si considera la spiccata proiezione verso l'export di molti dei settori coinvolti (moda in primis), ma nonostante tutto migliore di quello registrato dall'Istat a livello nazionale: -11,7 per cento

Il risultato peggiore lo ha conseguito il settore della moda, che non a caso è stato anche teatro di clamorose proteste degli stessi industriali (come la valanga di Pec che annunciavano simbolicamente la riapertura alla prefettura prima che questa venisse effettivamente autorizzata). Meglio, invece, la cartotecnica e la trasformazione alimentare, autorizzati a proseguire l'attività anche in tempi di restrizioni. 

A livello territoriale, la flessione della produzione industriale è stata dell'11,6 per cento a Prato, del 12,4 a Pistoia e del 2,4 a Lucca. Dati ancor più eloquenti se si osserva l'incremento complessivo di ore di cassa integrazione in aprile: 4,4 milioni di ore a Lucca contro 1 milione dell'anno scorso, 2,8 milioni di ore contro 11.500 a Pistoia e 4,6 milioni contro 24mila ore a Prato.