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"New Delhi, una trentina di casi letali"

Secondo i dati della Regione da novembre 2018 sono stati 75 i pazienti infettati dal batterio. I casi sono risultati letali nel 40 per cento dei casi

Da novembre 2018 alla fine di agosto scorso sono stati 75 i pazienti nel cui sangue è stato isolato il batterio NDM (New Delhi Metallo beta-lactamase). I casi sono risultati letali nel 40 per cento dei pazienti con sepsi, circa una trentina. Sul sito dell'Agenzia Regionale di Sanità sono stati pubblicati i dati del monitoraggio sulla diffusione del batterio NDM (vedi articoli collegati) in Toscana che sarà aggiornato settimanalmente.

La percentuale di letalità riscontrata per il cosiddetto "superbatterio", si legge sul sito dell'Ars, è "paragonabile alla letalità per questa condizione causata da altri batteri resistenti agli antibiotici carbapenemici". Fonti della Regione spiegano che non c'è necessariamente un nesso causale tra la presenza del batterio e i decessi: l'infezione potrebbe essere stata una concausa o non aver provocato la morte. 

Sono 708 i portatori del ceppo batterico ricoverati, sempre al 31 agosto, negli ospedali della Toscana.

La presenza del batterio, fino a pochi mesi fa, era stata riscontrata solo sporadicamente in Italia. Dal novembre dello scorso anno, invece, si è registrato un aumento significativo dei casi, tanto da divenire oggetto di un comunicato dell'European Centre for Disease Prevention and Control "ECDC". La diffusione più significativa in Toscana si è avuta nella zona nord occidentale, in particolare nel pisano. 

Nel maggio scorso la Regione ha costituito un'unità di crisi dalla quale è scaturito un documento con le indicazioni regionali per gli screening  e il rinforzo delle procedure di prevenzione e di controllo delle infezioni negli ospedali e nelle strutture sanitarie. 

Il batterio, spiegano gli esperti dell'Ars, "rappresenta un nuovo meccanismo di antibiotico-resistenza, sviluppato da batteri normalmente presenti nella flora intestinale umana che possono diventare virulenti in seguito all'esposizione prolungata a determinati antibiotici. La capacità di resistere agli antibiotici rende pertanto pericolosi questi batteri, soprattutto in pazienti fragili, già colpiti da gravi patologie o immunodepressi".