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Il covo fiorentino del reclutatore di jihadisti

Il pakistano espulso dal Ministero dell'Interno ha gestito fino al 2015 un negozio a Firenze. In veste si imam radicalizzava i musulmani italiani

Emerge un passato inquietante alle spalle di Mahmood Khan Zia Afgaal, il 42enne che il ministero dell'Interno ha espulso dall'Italia per ragioni di sicurezza. In un primo momento era emerso che l'uomo aveva frequentato un centro di preghiera a Prato, ma poi il quadro delle sue attività si è allargato anche al capoluogo toscano. 

L'uomo, arrivato in Italia nel 2006, aveva infatti un negozio in via Cavour che ha gestito fino all'anno scorso, quando ha cessato l'attività. A Firenze il pakistano viveva in una casa nella zona del Poggetto nell'immediata periferia di Firenze, con la moglie pakistana, la compagna italiana convertita all'Islam, che aveva di fatto il ruolo di seconda moglie e i figli avuti dalle due donne. Ad agosto aveva lasciato l'Italia e era tornato in Pakistan con tutta la famiglia, compresa la compagna. 

Secondo le informazioni in possesso della Digos fiorentina e dei servizi segreti, nel centro di preghiera di Prato, che avrebbe frequentato fino allo sua partenza dall'Italia lo scorso agosto, svolgeva anche l'attività di imam, attraverso la quale radicalizzata musulmani in Italia. Tra gli altri, ha avviato sulla strada del radicalismo islamico anche il 27, sempre pakistano, espulso all'inizio dell'anno da Prato. 

A gettare ancora più ombre su di lui, poi, ci sono i contatti con il mondo del jihadismo pakistano e afgano. Nei giorni scorsi, per motivi in corso di accertamento da parte della Digos di Firenze, l'uomo è tornato da solo in Italia e in particolare a Firenze, alloggiando in una casa di alcuni conoscenti. Qui è stato rintracciato dai poliziotti della Digos a seguito del provvedimento di espulsione emesso nel frattempo nei suoi confronti. Venerdì scorso è stato rimpatriato in Pakistan.