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Tumore al seno, si sperimenta un nuovo farmaco

La terapia è rivolta a pazienti nella fase iniziale della malattia. Un ospedale toscano è coordinatore italiano dello studio internazionale

In Toscana si sperimenta il Trastuzumab Deruxtecan, farmaco che ha cambiato il modo di trattare il tumore della mammella metastatico HER2-neu iperespresso: accade all'ospedale di Livorno, dove è a disposizione dell'oncologia medica nell'ambito di una sperimentazione clinica rivolta alle pazienti con diagnosi di tumore della mammella in fase iniziale.

Il centro livornese è infatti coordinatore italiano dello studio di fase III Internazional Destiny Breast 11, come spiega l'oncologo livornese e coordinatore del gruppo aziendale che si occupa di terapia medica per la patologia Luigi Coltelli che parla di "grande opportunità per le pazienti".

Lo studio, spiega il medico, è "rivolto a particolari pazienti, ovvero quelle definite tecnicamente come candidate a chemioterapia primaria per tumore della mammella iperesprimenti HER2-neu. Grazie a questa opportunità possiamo utilizzare il farmaco, in modalità random, anche in fase pre-operatoria, cosa che non è ancora possibile in centri non sede della sperimentazione". 

"Solo i risultati finali ci diranno se il nuovo trattamento è migliore rispetto alla terapia standard, ma quel che è certo è che al San Antonio Breast Cancer Symposium, il più importante congresso mondiale sul carcinoma mammario da poco conclusosi in Texas, gli ultimi studi sembrano delinearlo come farmaco estremamente promettente per quel tipo di tumore”, conclude.

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Il Trastuzumab Deruxtecan appartiene alla nuova classe dei cosiddetti ADC, ovvero farmaci che legano il chemioterapico (in questo caso il Deruxtecan) ad un anticorpo (il Trastuzumab) in modo da riuscire a ottimizzare l'efficacia del trattamento stesso in quei pazienti che esprimono sulle membrane cellulari sulle cellule tumorali il recettore HER2-neu a cui si lega l'anticorpo.

"I dati ad oggi – continua Coltelli – hanno dimostrato un vantaggio in sopravvivenza con una riduzione del rischio di morte di oltre il 30% a 2 anni nelle pazienti con malattia in stadio avanzato, rispetto alla migliore terapia attualmente prescrivibile. Dati sicuramente importanti e che cambiano la nostra pratica clinica in questa tipologia di pazienti". 

"Benché lo studio sia in corso ed ogni cautela sia d'obbligo – sottolinea Giacomo Allegrini, direttore del Dipartimento oncologico dell’Azienda Usl Toscana nord ovest e primario del reparto livornese – resta il fatto che essere sede dello studio permette di offrire un'opportunità in più alle nostre pazienti grazie a terapie che, seppur sperimentali, sono estremamente innovative".