Lo slogan, scritto su magliette rosse, è "Io sono 141" preceduto da un hashtag per condividere in rete tutto quanto in poche parole.
Ma in realtà dietro quelle parole ci sono fame di verità e giustizia che ancora, a 24 anni di distanza dalla tragedia nel porto di Livorno col traghetto Moby Prince andato a fuoco dopo lo scontro con la petroliera Agip Abruzzo, attendono di essere saziate.
Per questo i familiari delle vittime, che da anni sono riuniti in comitato, continuano la loro battaglia e si recheranno a Roma giovedì prossimo a manifestare, incontrando anche alcuni parlamentari.
In Senato infatti è stata approvata l'istituzione di una commissione d'inchiesta chiamata a fare luce su un caso per il quale finora, a livello giudiziario, ci sono state solo assoluzioni e archiviazioni e sul quale - dicono a gran voce i familiari - permangono zone d'ombra inquietanti.
Alla battaglia per conoscere la verità sul Moby Prince si è unita quella dell'associazione Il Mondo che Vorrei che raduna i familiari della vittime della strage di Viareggio, che si battono da tempo contro il "processo breve" che potrebbe riguardare anche questo caso.