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Amianto, tegola sui familiari di una vittima

L'Inail non ha mai riconosciuto la morte per amianto. Dopo un'odissea giudiziaria di 14 anni la famiglia dell'operaio rischia di pagare 93mila euro

La storia comincia nel 2006, quando l'uomo, Mario Barbieri, morì di asbestesi polmonare provocata, secondo la famiglia e numerose perizie mediche, dall'esposizione costante all'amianto nei cantieri navali in cui l'uomo aveva lavorato dal 1966 al 1992. 

Si ammalò nel 2002, ma l'Inail non riconobbe la malattia e la famiglia a quel punto fece causa. In primo grado furono i familiari a vincere e nel 2006 l'Inail riconobbe una malattia invalidante all'80 per cento, versando 93mila euro di risarcimento all'uomo, che pochi mesi dopo morì. 

La situazione si ribaltò in appello a Genova, nel 2008, quando i giudici dettero ragione all'Inail. L'uomo, dissero, poteva non essersi ammalato sul posto di lavoro. La Cassazione nel 2010 rimandò il caso a Genova e anche qui il nuovo collegio dette ragione all'Inail, abbassando al 38 per cento l'invalidità e ribadendo che l'uomo poteva essersi ammalato altrove. 

Ora l'Inail ha chiesto alla vedova e ai 3 figli la restituzione dei 93mila euro, degli interessi, delle spese legali e della pensione di reversibilità.