La storia comincia nel 2006, quando l'uomo, Mario Barbieri, morì di asbestesi polmonare provocata, secondo la famiglia e numerose perizie mediche, dall'esposizione costante all'amianto nei cantieri navali in cui l'uomo aveva lavorato dal 1966 al 1992.
Si ammalò nel 2002, ma l'Inail non riconobbe la malattia e la famiglia a quel punto fece causa. In primo grado furono i familiari a vincere e nel 2006 l'Inail riconobbe una malattia invalidante all'80 per cento, versando 93mila euro di risarcimento all'uomo, che pochi mesi dopo morì.
La situazione si ribaltò in appello a Genova, nel 2008, quando i giudici dettero ragione all'Inail. L'uomo, dissero, poteva non essersi ammalato sul posto di lavoro. La Cassazione nel 2010 rimandò il caso a Genova e anche qui il nuovo collegio dette ragione all'Inail, abbassando al 38 per cento l'invalidità e ribadendo che l'uomo poteva essersi ammalato altrove.
Ora l'Inail ha chiesto alla vedova e ai 3 figli la restituzione dei 93mila euro, degli interessi, delle spese legali e della pensione di reversibilità.