Cronaca

Nove anni alla terrorista che passò da Grosseto

Condannati Maria Giulia Sergio, la prima foreign fighter italiana, e il marito, Aldo Kobuzi. Sarebbero entrambi in Siria a combattere con l'Isis

Maria Giulia-Fatima, fu citata direttamente dall'ex ministro dell'Interno Angelino Alfano nel 2015: sarebbe infatti stata l'unica donna tra i quattro connazionali dei 53 combattenti della guerra santa partiti dal nostro paese. Lei, 27enne, nata a Torre del Greco e convertita all'Islam nel 2009, in Toscana ci arrivò nel 2013 dopo essere transitata dalla Lombardia, ed essersi sposata con uno albanese, anche lui di fede islamica.

Di lì la trasformazione, il cambio del nome, il niqab a coprirla integralmente. E poi il passaggio in Toscana, tra Grosseto e Scarlino dove viveva la famiglia del marito, nello stesso periodo in cui un gruppo islamico decise di ospitare nel capoluogo maremmano anche l'imam di Pristina Shefqet Krasniqi, oggi in carcere in Kosovo perché accusato di reclutare jihadisti.

Maria Giulia Sergio sarebbe ancora in Siria, da oltre due anni, a combattere con l'Isis. Adesso però su di lei pende una condanna a 9 anni di reclusione per terrorismo internazionale. Lo ha deciso la Corte d'Assise di Milano che ha condannato anche il padre della 29enne, Sergio Sergio, a 4 anni, e il marito, l'albanese Aldo Kobuzi, a 10 anni.

Gli altri cinque imputati (tutti latitanti) rispondevano dall'accusa di terrorismo internazionale come presunti appartenenti allo Stato Islamico. 

A 9 anni di carcere, come ''Fatima'', è stata condannata la cosiddetta ''maestra indottrinatrice'' Haik Bushra, cittadina canadese che si troverebbe in Arabia Saudita, mentre a 8 anni sono state condannate Donika Coku e Seriola Coku (anche loro sarebbero in Siria), rispettivamente madre e sorella di Aldo Kobuzi, marito di Maria Giulia Sergio e partito con lei per andare a combattere con le milizie dell'Is nell'autunno del 2014. 

Il padre di ''Fatima'', invece, venne arrestato assieme alla moglie Assunta Buonfiglio e alla figlia Marianna nel luglio del 2015 perché, stando alle indagini, erano tutti in procinto di partire per raggiungere la figlia che li incitava ad unirsi a lei via Skype con frasi del tipo: "Noi qui ammazziamo i miscredenti, tagliamo le teste e conquisteremo Roma". La famiglia Sergio, originaria della Campania, viveva a Inzago, nel Milanese.