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La scogliera toscana laboratorio naturale sul clima estremo

Fra gli scogli di Calafuria, gli scienziati pisani hanno testato gli effetti delle oscillazioni termiche sugli ecosistemi. Ecco cos'hanno scoperto

Gli scogli di Calafuria

Le forti oscillazioni di temperatura riducono la diversità degli ecosistemi marini, favorendo specie a crescita rapida, capaci di riprendersi velocemente dopo uno shock termico, ma più vulnerabili funzionalmente nel lungo periodo: questo hanno scoperto e dimostrato gli scienziati dell'università di Pisa e della Scuola superiore Sant'Anna durante uno studio che ha avuto per laboratorio naturale il mare toscano, e in particolare quello fra le scogliere di Calafuria a Livorno.

La ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica Nature Communications, era volta a capire come i cambiamenti climatici stiano alterando gli ecosistemi marini. Così è stato analizzato come il biofilm - una sottile pellicola vivente formata da microalghe e batteri fondamentale per la vita delle scogliere - reagisce alle variazioni di temperatura dell’aria.

I ricercatori hanno condotto un esperimento sul campo esponendo il biofilm a due diversi regimi termici: un riscaldamento costante e uno caratterizzato da forti oscillazioni, che simula le condizioni imprevedibili destinate a diventare sempre più comuni nel prossimo futuro a causa del cambiamento climatico. 

I risultati hanno mostrato che un regime costante di riscaldamento favorisce la presenza di specie con funzioni simili, capaci di 'darsi il cambio' in caso di difficoltà. Questo meccanismo permette al biofilm di resistere meglio agli eventi estremi. Al contrario, forti oscillazioni di temperatura riducono la diversità.

Per l'esperimento camere di metallo riscaldate

L’area di Calafuria, nei pressi di Livorno, caratterizzata da piattaforme rocciose di arenaria esposte all'aria durante la bassa marea, ha fornito un ambiente ideale per studiare il biofilm marino in condizioni naturali. 

Per simulare l’aumento delle temperature, i ricercatori hanno utilizzato speciali camere di metallo riscaldate con piccole stufe, controllando le variazioni di calore con sensori elettronici. 

Per valutare la risposta del biofilm, è stata usata una fotocamera a infrarossi in grado di rilevare la quantità di clorofilla. Infine, grazie alla collaborazione con l’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, è stato analizzato il Dna dei microrganismi con tecniche avanzate di sequenziamento, simili a quelle utilizzate per studiare il genoma umano, per capire quali funzioni svolgono le diverse specie e come il loro patrimonio genetico le rende più o meno adatte a rispondere agli eventi estremi.

"Un mondo sempre più caldo e instabile"

“Il cambiamento climatico non si manifesta solo attraverso l'aumento medio delle temperature, ma anche con una crescente variabilità termica, cioè oscillazioni imprevedibili tra picchi di calore e periodi meno caldi", ha spiegato il professor Luca Rindi dell’università di Pisa, primo autore dello studio.

"In un mondo che si prospetta sempre più caldo e instabile, i microrganismi marini potrebbero, da un lato, reagire più rapidamente agli shock, ma dall’altro diventare più vulnerabili di fronte a eventi estremi ripetuti nel tempo. In vista delle sfide che il clima ci riserva - conclude lo scienziato - lo studio apre una finestra sul futuro, aiutandoci a capire come questo importante elemento dell’ecosistema costiero reagirà ai cambiamenti climatici".

"Il successo di questa collaborazione dimostra ancora una volta il valore del sistema universitario pisano - commenta il professor Matteo Dell'Acqua, direttore dell'Istituto di Scienze delle Piante della Scuola Sant'Anna e coautore dello studio - l'unione delle competenze uniche presenti sul nostro territorio ci permette di esplorare la frontiera della ricerca sugli effetti del cambiamento climatico".

"L’Università di Pisa - sottolinea una nota dello stesso ateneo pisano - ha avuto un ruolo centrale nello studio, in particolare attraverso il Dipartimento di Biologia, dove hanno operato alcuni degli autori principali, come i professori Luca Rindi e Lisandro Benedetti-Cecchi. L’ateneo ha inoltre fornito supporto scientifico e logistico per la progettazione e la realizzazione degli esperimenti sul campo, oltre a contribuire all’analisi dei dati ecologici e microbiologici grazie al supporto fornito dal Green Data Center".

Il progetto è stato finanziato in parte dal programma europeo Actnow (Advancing understanding of Cumulative Impacts on European marine biodiversity, ecosystem functions and services for human wellbeing), che si occupa di studiare gli impatti cumulativi dei cambiamenti climatici sugli ecosistemi marini.