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Energia, consumi in calo ma emissioni in crescita

Sembra un paradosso ma non lo è: mentre si cerca di razionalizzare l'uso di luce e gas, avanza il ricorso alle fonti fossili. L'analisi dell'Enea

Una raffineria. Il consumo di petrolio è cresciuto del +8%

Consumi energetici in calo, emissioni di Co2 in crescita: pare un paradosso ma non lo è, e a svelare cosa si cela dietro all'apparente contraddizione è l'Enea, l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile nell'ultima Analisi trimestrale sul sistema energetico italiano, riferita a II e III trimestre 2022. 

Il motivo risiede nel maggior uso di fonti fossili, petrolio e carbone soprattutto, che sta tornando ai livelli prepandemici: +8% per il petrolio e + 47% per il carbone.

Lo scenario energetico nazionale mostra segnali di criticità: "Nei primi nove mesi dell’anno, a fronte di consumi di energia sostanzialmente fermi, con la previsione di un calo dell’1,5% sull’intero 2022, le emissioni di Co2 sono cresciute del 6%, con una stima di aumento di oltre il 2% a fine 2022", scrive Enea. 

A fronte del maggior ricorso alle fonti fossili e di una riduzione del 3% dei consumi di gas, le rinnovabili hanno registrato un calo dell’11%, dovuto a una riduzione dell’idroelettrico che l’aumento di solare ed eolico non è riuscito a compensare. 

In questo quadro, l'Agenzia segnala un forte peggioramento dell’indice della transizione energetica Ispred (-60% nel III trimestre), il cui forte calo viene ricondotto in particolare "al peggioramento della componente decarbonizzazione, scesa al valore minimo della serie storica”, spiega Francesco Gracceva, il coordinatore dell’Analisi trimestrale Enea. 

L'obiettivo di una riduzione delle emissioni del 55% al 2030 si allontana: per raggiungerlo, spiega Gracceva, nei prossimi 8 anni dovremmo ottenere una riduzione media annua di quasi il 6%.

La transizione energetica mostra insomma se non una battuta d'arresto per lo meno un rallentamento. E in prospettiva c'è lo scenario generato dalle materie prime critiche (Critical Raw Material, Crm) "la cui disponibilità potrebbe risultare un collo di bottiglia per la transizione energetica". 

I dati indicano infatti una pressoché totale dipendenza dell’Ue dall’estero per terre rare, platino e litio (100%), tantalio (99%) e cobalto (86%). La dipendenza è ancora più marcata per l’Italia, dove le Crm hanno un’incidenza sul Pil pari al 32% e sull’export all’86%.