La Corte di Cassazione ha confermato la condanna a sei anni e sei mesi di reclusione per l'uomo di 88 anni, pratese, nel dicembre 2006 uccise la moglie gravemente ammalata di Alzheimer, dopo averla accudita per molti anni.
Secondo i giudici, in attesa che il Parlamento italiani approvi una legge sull'eutanasia, "nell'attuale coscienza sociale il sentimento di compassione odi pietà è incompatibile con la condotta di soppressione della vita umana" e quindi "non può essere ritenuta di particolare valore morale la condotta di omicidio di una persona che si trovi in condizioni di grave e irreverisibile sofferenze". "Uccidere gli animali da compagnia non curabili è ritenuta una pratica di civiltà - hanno stabilito i giudici - mentre nei confronti degli esseri umani valgono i principi finalizzati alla solidarietà, alla tutela della salute e del superiore rispetto della vita umana".