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Russia e Nato, Trump-Taiwan e Palestina

Le avventure aeree della Russia nei cieli d'Europa, Trump temporeggia su Taiwan e il riconoscimento londinese dello Stato di Palestina

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Il cielo stellato sopra l’Ue

Dopo il caso dei droni che hanno attraversato lo spazio aereo polacco nella settimana scorsa, con tanto di convocazione urgente del Consiglio della Nato e successivo rafforzamento della presenza militare con l’operazione “Eastern Sentry”, la Russia è tornata a volare nel cielo europeo. Stavolta, tre caccia Mig-31 hanno violato lo spazio aereo dell’Estonia, ex Repubblica sovietica e, attualmente, Paese membro dell’Unione Europea e della Nato stessa. Come riportato dalle forze armate estoni, i tre jet russi sono rimasti in volo per 12 minuti senza autorizzazioni nelle vicinanze dell’isola di Vaindloo, non troppo distante dalla capitale Tallinn.

Per questo, nonostante l’agenzia di Stato russa Tass abbia stoicamente negato che il fatto sia accaduto, si sono levati in volo due caccia italiani F-35, che partecipano alle operazioni Nato proprio nell’ambito dell’operazione “Eastern Sentry”. Un fatto simile, sempre con il coinvolgimento di F-35 italiani, si era già verificato ad agosto, proprio poche ore prima del vertice tra Donald Trump e Vladimir Putin ad Anchorage, in Alaska. Nel frattempo, di fronte a tanto italico fermento, il ministro della Difesa Guido Crosetto ha annunciato che farà visita alle postazioni del nostro Paese nel Mar Baltico.

Il premier Kristen Michal [X Account]

Da parte russa, le continue violazioni degli spazi aerei di diversi Paesi del fianco orientale della Nato sembrerebbero voler mettere alla prova i tempi di reazione della stessa organizzazione. Lo stesso significato pare avere l’esercitazione militare congiunta con la Bielorussia, denominata “Zapad”. L’Estonia, come fatto dalla Polonia, ha già richiesto l’attivazione dell’articolo 4, che prevede appunto la convocazione urgente del Consiglio atlantico per valutare ulteriori misure da adottare.

Trump sospende un pacchetto di aiuti militari a Taiwan

È emerso soltanto in questi giorni come in estate il presidente degli Stati Uniti Trump avrebbe deciso di sospendere momentaneamente un pacchetto da 400 milioni di dollari di aiuti militari per Taiwan, l’isola che si trova di fronte alla Cina e che, da anni, è al centro di una disputa che frappone Washington e Pechino. La questione è piuttosto delicata: senza andar troppo indietro nella storia - qui per un breve riassunto della vicenda - la Cina non fa mistero di volersi impossessare dell’isola, considerandola parte integrante del territorio; ciò ridisegnerebbe gli equilibri nel Mar Cinese Meridionale, un’area su cui gli Stati Uniti hanno investito la maggior parte del proprio capitale politico e dove si trovano passaggi fondamentali del commercio globale.

Dunque, storicamente, seppur Washington non riconosca più formalmente Taiwan dagli anni Settanta, a favore appunto della Cina, i rapporti sono rimasti fittissimi. La sospensione degli aiuti da parte di Trump, per questo, costituisce una novità: per esempio, nel mandato del presidente Joe Biden, gli Stati Uniti hanno garantito tre pacchetti di questo tipo per Taiwan, insieme a un altro ciclo di aiuti militari a lungo termine, per un totale di oltre 2 miliardi di dollari. Verosimilmente, dietro a questa scelta di Trump, c’è la volontà di arrivare a un accordo con Pechino.

Donald Trump al telefono con Xi Jinping [X Account]

Sulla questione cinese, infatti, Trump e gli apparati federali - Pentagono in primis - vanno sorprendentemente d’accordo. Pechino rappresenta la principale minaccia per gli Stati Uniti e il riavvicinamento alla Russia serve a strappare Mosca dalle grinfie della Cina. Ma, nel frattempo, la sospensione temporanea degli aiuti a Taiwan può facilitare il raggiungimento di un accordo per quanto riguarda soprattutto i dazi: non a caso, dopo tre mesi di silenzio, Trump e Xi Jinping si sono nuovamente sentiti al telefono. La chiamata, come ha detto Trump stesso, è stata in buona parte dedicata alle sorti di TikTok: la branca delle operazioni statunitensi della app sarebbe venduta a un gruppo americano in modo da garantirne la sopravvivenza. Sullo sfondo, però, resta la promessa di un incontro che si dovrebbe tenere al vertice Apec - ovvero, Cooperazione Economica Asia-Pacifico - in Corea del Sud.

Starmer cambia il Regno Unito sulla Palestina

In vista della giornata di domani, lunedì 22 settembre, quando si terrà una conferenza sulla soluzione dei due Stati, presieduta da Francia e Arabia Saudita a margine dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, il premier britannico Keir Starmer, proprio oggi, sembra indirizzato ad annunciare il riconoscimento ufficiale dello Stato di Palestina da parte del Regno Unito. Un passo in avanti deciso, che si inserisce appunto nel percorso già avviato in gran cassa dal presidente francese Emmanuel Macron.

Per la verità, Londra aveva già anticipato questa possibilità a luglio scorso, subordinando però tale scelta a un possibile ravvedimento di Israele sul conflitto in corso. Starmer aveva parlato di un impegno tangibile per quanto riguarda il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e per dare avvio a un processo di pace che, alla fine, avrebbe dovuto portare all’edificazione di uno Stato palestinese indipendente. Il prosieguo delle operazioni israeliane, tra l’altro notevolmente incrementate proprio nei giorni scorsi sulla città di Gaza, ha evidentemente spunto il governo britannico ad andare sino in fondo.

Il premier Keir Starmer [X Account]

Una mossa che non fa piacere al principale alleato di Londra, ovvero gli Stati Uniti. Trump si è recato in visita nel Regno Unito proprio nei giorni scorsi, incontrando anche re Carlo III - che lui ha definito “mio amico” - e seppur abbia insolitamente mantenuto dei toni pacati, alle domande sul prossimo riconoscimento della Palestina ha semplicemente detto che lui e Starmer sono in disaccordo.

Il pezzo della settimana

Proprio sui diversi punti di vista circa il riconoscimento della Palestina, da una sponda all’altra dell’Atlantico, su Politico è stata fatta una lunga analisi sul perché Paesi come Francia e Regno Unito - insieme all’Arabia Saudita - abbiano spinto sull’acceleratore, di fronte al temporeggiamento degli Stati Uniti. Si legge qui.

La canzone della settimana

Le continue incursioni aeree russe nei cieli europei riportano - almeno il sottoscritto - direttamente tra le braccia di Maverick e Goose. Alla prossima!