Ciliegia: -57%. Pesca: -56%. Fico: -55%. Sono i numeri del crollo della produzione di frutta in Toscana. Solo alcuni. Impressionanti. Sì perché i mutamenti climatici, i fattori ambientali e quelli economici hanno portato nell'arco di 10 anni a far sparire un albero su due.
Il frutteto toscano si dimezza, e a lanciare l'allarme sono proprio gli operatori. Coldiretti Toscana ha messo in fila i dati da fonte Istat, facendo il punto della situazione che ha registrato una "contrazione importante di tutte le principali produzioni: dalla mela (-27%) alla pesca (-56%), dalla pera (-35%) all’albicocca (-38%), dalla ciliegia (-57%) alla pesca noce (-27%) fino al fico (-55%) aggredito dal punteruolo nero".
“L’aumento dei costi di produzione, i cambiamenti climatici, la concorrenza sleale internazionale, le pratiche sleali, l’arrivo di nuovi parassiti che colpiscono le piante come la cimice asiatica o la Drosophila Suzuki e la difficoltà di reperire manodopera sono l’insieme delle componenti che rendono la coltivazione di pere, mele, pesche non sempre remunerativa. A soffrire di più sono le piccole aziende agricole che hanno meno risorse per affrontare i costi e limitati sbocchi commerciali", spiega la presidente di Coldiretti Toscana Letizia Cesani.
In questo contesto, già fragile, diventa sempre più complicato competere sugli scaffali quando dalla Tunisia piuttosto che dal Cile, dal Sud Africa ma anche da paesi comunitari, arrivano prodotti a prezzi stracciati, molto inferiori a quelli dei frutticoltori nostrani, ottenuti però con l’utilizzo massiccio di fitofarmaci, manodopera sfruttata e sottopagata e regole sulla sicurezza alimentare spesso inesistenti.
Coldiretti Toscana chiede di ristabilire regole di mercato eque e trasparenti, ma anche un'accelerazione sulla realizzazione di infrastrutture contro gli effetti dei cambiamenti climatici. In primis gli invasi, fondamentali per garantire l’acqua alle colture in tempo di siccità.