Cronaca

Tre euro all'ora e turni massacranti per produrre borse di lusso

Arrestati due imprenditori cinesi, specializzati nella lavorazione del pellame, accusati di aver sfruttato lavoratori stranieri trattati come schiavi

Bancarotta fraudolenta, frode fiscale, sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte e sfruttamento illecito dei lavoratori nell'ambito delle lavorazioni per conto terzi di capi in pelle: sono questi i reati emersi nel corso dell'operazione "Panamera", messa a segno dalla Guardia di Finanza di Firenze.

I finanzieri hanno arrestato una coppia di cittadini cinesi ed hanno disposto il divieto espatrio e di dimora nel Comune di Campi Bisenzio per due familiari degli arrestati, oltre al sequestro preventivo di 522.883 euro. Una società di capitali e due ditte individuali sono state dichiarate fallite dal tribunale e , oltre all’accusa di caporalato, è emersa anche un’attività di raccolta e smaltimento illecito di rifiuti speciali.

Le indagini hanno condotto i militari ad alcuni capannoni nel Comune di Campi Bisenzio dove gli imprenditori di origini cinesi, appartenenti allo stesso ambito familiare, sfruttavano manodopera straniera per produrre oggetti di pelletteria per una nota griffe di moda, risultata estranea ai fatti.

Le attività investigative hanno consentito di individuare una società romana, con una sede a Calenzano, che subappaltava le proprie lavorazioni per conto terzi a una società di capitali gestita dalla coppia di origini cinesi che distribuiva a ditte individuali i vari ordini, tutti caratterizzati da una breve durata; le ditte in questione venivano poi  lasciate con elevati debiti erariali, svuotate dal denaro liquido e sostituite da altre con diversa denominazione ma operavano negli stessi luoghi e con gli stessi macchinari e forza lavoro.

Dalle indagini è emerso lo sfruttamento di lavoratori di diversa etnia, cinesi, bengalesi e pakistani, trasportati nelle capannoni e costretti a lavorare per circa 14 ore al giorno, con una retribuzione media oraria di poco superiore ai 3 euro l’ora. Gli operai non avevano diritto ai giorni di riposo, i pasti dovevano consumati velocemente all’interno delle fabbriche attrezzate con cucine improvvisate, alimentate da bombole a gas. Un sistema di videosorveglianza all'esterno dei capannoni consentiva ai titolari di controllare che nessun operaio si allontanasse dalla sua postazione.