Brevemondo

Ucraina, Groenlandia, ReArm Europe, Siria e Romania

Putin risponde al cessate il fuoco, cosa significa la Groenlandia per Trump, il piano europeo di riarmo, il voto in Romania e la situazione siriana

A che punto sono le trattative sull’Ucraina

In questa settimana ci sono state novità sulle trattative per porre fine alla guerra in Ucraina. Dopo la burrascosa lite nello studio ovale, Donald Trump e Volodymyr Zelensky sono arrivati a un accordo sul cessate il fuoco immediato, della durata di 30 giorni e rinnovabile se entrambe le parti - Ucraina e Russia - lo vorranno. L’intesa è stata raggiunta in Arabia Saudita e formalizzata con un comunicato congiunto.

In quest’ultimo si legge come l’accordo raggiunto sia “vincolato all’accettazione e all’implementazione da parte della Russia”. Da parte sua, però, la Russia sembra non voler accettarne i termini. Il presidente Vladimir Putin, infatti, ha detto che, in linea di massima, un cessate il fuoco di 30 giorni è ragionevole, ma che ci sono delle “questioni su cui dobbiamo discutere”. Putin ha fatto riferimento alle “cause profonde” della guerra, sulle quali occorrerà intervenire per garantire una pace duratura.

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Jeddah

La risposta di Putin, in attesa di una replica di Trump - che, in un’intervista a Full Measure ha detto di star trattando con la Russia e di attendere una risposta per domani, lunedì - è stata criticata da Keir Starmer, premier britannico e sorta di guida della “coalizione dei volenterosi”. Ovvero, i Paesi della Nato e dell’Unione europea che hanno espresso la volontà di continuare a sostenere l’Ucraina. Secondo Starmer, la risposta di Putin “non è molto buona”; anche per questo, ha detto che i militari dei Paesi coinvolti sono pronti a collaborare per garantire il futuro di Kiev. Anche se, per far questo, “serve il sostegno degli Stati Uniti”.

In Groenlandia si è votato

Nelle recenti elezioni che si sono svolte in Groenlandia, territorio appartenente alla Danimarca, ha ottenuto la maggioranza dei voti il partito Demokraatit, forza di centrodestra, molto vicina al mondo imprenditoriale e precedentemente all’opposizione. Sull’indipendenza, la posizione di Demokraatit è piuttosto moderata, al contrario di Naleraq, secondo partito della Groenlandia, che chiede il raggiungimento della sovranità in tempi rapidi.

Il voto in Groenlandia, che mai in passato aveva destato alcun interesse mediatico, è divenuto rilevante nel momento in cui, dalla sua elezione, il presidente Donald Trump ha fatto più e più volte riferimento all’eventuale annessione dell’isola agli Stati Uniti. L’ultima soltanto un paio di giorni fa, quando nello studio ovale si trovava anche il segretario generale della Nato, Mark Rutte. In risposta, il presidente della Commissione Difesa del parlamento di Copenaghen, Rasmus Jarlov, ha detto che l’annessione coinciderebbe con “una guerra tra due Paesi della Nato”.

Come spesso accade, gli intenti di Trump - espressi in modo bizzarro, non lo neghiamo - non sono totalmente campati in aria. Si può essere d’accordo o in disaccordo, ma anche l’ipotetica annessione della Groenlandia ha dei motivi. Tanto che lo stesso Trump, su Truth, ha spiegato come sia “una necessità assoluta”. Il controllo dell’isola da parte di Washington non solo permetterebbe di controbilanciare il dominio russo e cinese nella regione artica, ma anche di assicurarsi delle tratte navali fondamentali per la sicurezza economica statunitense. Inoltre, la Groenlandia è ricca di petrolio e riserve di gas, oltre che di materie prime critiche, ovvero metalli necessari per la costruzione di microchip.

L’Europa si riarma davvero

Il Parlamento europeo ha approvato il piano di riarmo presentato dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, denominato ReArm Europe. Con 419 voti favorevoli, gli eurodeputati hanno adottato una risoluzione non vincolante per l’inserimento di tale piano nel libro bianco della difesa, che sarà presentato dalla Commissione il prossimo 19 marzo.

Nel dettaglio, però, il piano ReArm Europe non è ancor ben definito. Per esempio, von der Leyen ha fatto riferimento alla cifra di 800 miliardi di euro, ma per il momento si tratta soltanto di una proiezione ottenuta dal personale tecnico della Commissione europea. Ciò che è certo è che esso permetterebbe ai Paesi membri di spendere in deroga al Patto di stabilità europeo, dunque oltre il limite del 3% di deficit senza incorrere nella procedura di infrazione europee.

La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen al Parlamento europeo

Il voto ha avuto anche conseguenze sugli schieramenti di maggioranza e opposizione in Italia. Da un lato, infatti, gli eurodeputati di Fratelli d’Italia e Forza Italia si sono espressi favorevolmente per l’adozione del piano; dall’altro, si sono schierati contrariamente quelli del Movimento 5 Stelle, di Alleanza Verdi Sinistra e della Lega. Per quanto riguarda il Partito Democratico, dieci parlamentari europei hanno votato a favore e undici astenuti. Non è così frequente, soprattutto negli ultimi anni, che nel dibattito interno dei partiti italiani i temi di politica estera creino queste fratture.

La situazione in Siria è precipitata

La caduta repentina del regime di Bashar al-Asad, avvenuta in pochi giorni a dicembre scorso, ha lasciato spazio al governo presieduto da al-Jolani, che inizialmente aveva tenuto a presentarsi come unificatore della Siria dopo oltre un decennio di guerra civile e come figura istituzionale in grado di garantire stabilità e riconciliazione.

Soltanto negli ultimi giorni, però, l’Osservatorio siriano per i diritti umani, organizzazione con base nel Regno Unito, ha denunciato l’uccisione di oltre 700 civili nei territori a maggioranza alawita, ovvero un gruppo religioso etnicamente arabo. Alla comunità alawita apparteneva Hafiz al-Asad e tuttora appartiene lo stesso al-Asad: per questo, gli attacchi che hanno causato queste centinaia di morti sembrano diretti proprio a colpire le sacche dei sostenitori dell’ormai ex presidente siriano.

Massacri di questo tipo mettono a serio rischio la transizione promessa dallo stesso al-Jolani, gettando le basi per il prosieguo della violenza che, in Siria, va avanti almeno dal 2011. Ciononostante, nei giorni scorsi, il governo presieduto da al-Jolani ha adottato una “costituzione provvisoria”, basata perlopiù sul diritto islamico e che dà allo stesso capo di Hayat Tahrir al-Sham grandi poteri e ampi margini di libertà. Secondo quanto riportato dal governo, la costituzione resterà in vigore per i prossimi cinque anni, durante i quali sarà messa a punto il testo definitivo.

Elezioni in Romania, Călin Georgescu è stato escluso

Călin Georgescu, ormai ex candidato per le elezioni presidenziali in Romania, è stato escluso dal voto con una decisione presa dai giudici della Corte costituzionale. La stessa Corte, a novembre scorso, aveva disposto l’annullamento del primo turno del voto, in cui Georgescu aveva ottenuto la maggioranza relativa. Alla base della decisione dei giudici vi erano le segnalazioni di possibili interferenze da parte della Russia, che avrebbe contribuito a diffondere fake news e alimentato attacchi al sistema informatico rumeno.

Senza un vero e proprio partito alle spalle, ma con un enorme seguito su TikTok, Georgescu è l’uomo di punta dell’estrema destra rumena, oltre a essersi più volte schierato favorevolmente nei confronti di Mosca. Non solo, perché Georgescu ha fatto capire di essere particolarmente scettico sull’adesione di Bucarest all’Unione europea e alla Nato.

Călin Georgescu

Secondo alcuni, la propaganda russa in Romania per favorire l’elezione di Georgescu avrebbe avuto come obiettivo quello di porre un altro tassello nel mosaico di una “nuova” Europa dell’est, più vicina alle istanze di Mosca e meno propensa a guardare a ovest, verso Unione europea e Stati Uniti. Di tale quadro fanno parte anche la Moldavia, dove alle ultime elezioni il candidato filorusso Alexandr Stoianoglo è stato sconfitto dalla presidente uscente Maia Sandu, e la Georgia, dove invece ha trionfato Bidzina Ivanishvili, magnate e leader di Sogno Georgiano, partito molto vicino alle posizioni russe.

Il pezzo della settimana

Sulla Groenlandia - ma anche su Panama e Canada - Trump segue una logica. E forse è più utile provare a decifrarla, anziché etichettarla come folle. Non lo diciamo soltanto qui, ma anche Federico Rampini nel pezzo della settimana sulla “dottrina Donroe”, che aggiorna la dottrina Monroe. Eccolo qui.

La canzone della settimana

E per quell’isola, fredda come il ghiaccio, gli Stati Uniti sono pronti a sacrificare il loro amore - quel che è rimasto - con la Nato e l’Europa. Alla prossima!

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