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Attualità lunedì 29 giugno 2020 ore 17:00

L'asma allergica potrebbe proteggere dalle forme gravi di Covid

Primi risultati incoraggianti per un o studio condotto da allergologi e immunolodi dell'ospedale Santo Stefano e pubblicato sulla rivista Allergy



PRATO — Esiste una correlazione tra l’asma bronchiale e l’infezione da SarsCov2? E' stato pubblicato sulla rivista scientifica Allergy  uno studio su questa ipotesi elaborata dal gruppo di allergologi e immunologi dell’ospedale Santo Stefano in collaborazione con Paola Parronchi dell'Università di Firenze e Justin Stebbing dell'Imperial College di Londra.

Gli specialisti si sono chiesti se l’asma allergica, patologia che ha una particolare espressione immunologica, potesse essere protettiva non tanto sul rischio di infezione da Covid-19 quanto sulla possibile evoluzione di questa malattia in forme respiratorie gravi.

Il punto di partenza è stato l’osservazione dei vari fattori che contribuiscono alla gravità e alla mortalità nell’infezione provocata dal nuovo coronavirus ed in particolare quelli relativi all’ospite. L’asma bronchiale non è risultata tra i principali fattori di rischio per la malattia o per le forme gravi di Covid-19.

Queste osservazioni preliminari sono state confermate dalla bassa prevalenza di soggetti asmatici tra i ricoverati per Covid-19 a Prato: solo tre pazienti erano affetti da asma bronchiale e, di questi, soltanto uno ha avuto necessità di essere assistito in terapia intensiva. Da segnalare che sono oltre 2.500 i pazienti asmatici seguiti dall’allergologia pratese.

“Ci aspettavamo più infettati –  ha commentato Alessandro Farsi, direttore allergologia e immunologia di Prato - Ci siamo concentrati sulla seconda fase della malattia, quella che ha un’evoluzione più grave ed è strettamente immunologica. Anche studi cinesi confermano questa bassa prevalenza di pazienti allergici asmatici; noi siamo andati oltre, valutando i meccanismi immunologici ed abbiamo cercato di capire il perché”.

Il campione esaminato dagli studiosi pratesi ha compreso i 2.500 pazienti seguiti dall’allergologia e gli oltre 270 ricoverati per Covid-19 nell’ospedale di Prato. "Il nostro obiettivo è stato quello di capire quanti di questi pazienti allergici si sono infettati e quanti soggetti con asma hanno avuto delle riacutizzazioni - ha spiegato l'allergologa Giulia Carli - confrontando i dati anche con precedenti epidemie influenzali".

Le possibili ragioni di un effetto protettivo delle risposte immunitarie tipiche dell’asmatico allergico sull'evoluzione dell’infezione da SarsCov2 parte dalla ridotta produzione di interferoni da parte di cellule del sistema immunitario che è tipica di questi soggetti. Si presuppone, infatti, che elevati livelli di interferoni contribuiscano in modo determinante alla evoluzione nelle forme più gravi di Covid.19.

Inoltre, negli stessi pazienti è ipotizzabile un ruolo protettivo svolto anche dalle cellule note come eosinofili che solitamente sono presenti a livelli più elevati essendo espressione dell’infiammazione di tipo 2 presente in oltre il 50% dei casi di asma. L’osservazione di bassi valori periferici di eosinofili nei casi gravi di Covid-19 evidenzierebbe un possibile ruolo protettivo di tali cellule nei polmoni infettati.

La terza ipotesi avanzata dagli allergologi si riferisce al fatto che l’utilizzo regolare nei soggetti asmatici di farmaci inalatori, steroidi o broncodilatatori a lunga durata d’azione, potrebbe avere un effetto antinfiammatorio e/o antivirale, come già suggerito anche in altri studi.

Infine, nonostante che i coronavirus, al pari di altre infezioni respiratorie virali, possano causare riacutizzazioni di asma, lo studio ha rilevato che questa particolare immunità, tipica di una elevata percentuale di forme di asma, possa controbilanciare gli effetti negativi delle risposte immunitarie con alta produzione di interferone, deleterie nelle forme gravi di Covid.

Le conoscenze sulla patogenesi e sui fattori di rischio per Covid-19 sono ancora incomplete e insoddisfacenti. Il gruppo degli allergologi pratesi ha osservato che una patologia infiammatoria dell’apparato respiratorio come l’asma bronchiale non risulti correlata ad una peggiore prognosi di malattia e ipotizzato come l’infiammazione tipica delle patologie respiratorie allergiche possa controbilanciare gli effetti negativi delle risposte immunitarie che determinano la progressione verso le forme più gravi di COVID-19.

“Il prossimo obiettivo è quello di approfondire il progetto attraverso la partecipazione ad un bando su studi epidemiologici su scala regionale - il direttore sanitario dell'ospedale di Prato Daniela Matarrese - E’ importante lo studio dei meccanismi attraverso i quali il virus attiva il nostro sistema immunitario. In questo modo possiamo calibrare anche terapie adeguate.”

“Negli ospedali dell’Azienda sanitaria sono stati circa 1.500 i pazienti ricoverati con Covid-19 in fase acuta - ha concluso Giancarlo Landini, direttore del Dipartimento specialistiche mediche dell’AUSL Toscana centro - Su questa grande comunità abbiamo fatto anche ricerca. Entro luglio saranno attivi gli ambulatori di follow-up. I pazienti che sono stati ricoverati in terapia intensiva e nei reparti Covid saranno richiamati per eseguire una serie di controlli. Utilizzeremo criteri comuni e i dati scientifici.”


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