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Arte lunedì 23 ottobre 2017 ore 15:36

All'Accademia quattro tavole di Mariotto di Nardo

La Galleria ha presentato quattro dipinti e una scultura recentemente acquisite per arricchire la collezione del museo



FIRENZE — “Sono acquisizioni di grande valore che attestano il nostro impegno nche nel campo della ricerca e nell'arricchimento e valorizzazione delle collezioni”. Con queste pariole la direttrice della Galleria dell'Accademia Cecilie Hollberg ha presentato quattro dipinti e una scultura recentemente entrate a far parte del patrimonio del museo.

I dipinti sono quattro tavole di Mariotto di Nardo, pittore nato a Firenze nel 1365 circa e morto nel 1424, due sportelli raffiguranti coppie dei santi, rispettivamente Giovanni Battista con Nicola di Bari e Antonio abate con Giuliano, e due semilunette, una con l'angelo annunziante e l'altra con la Vergine annunziata; la scultura è invece un busto marmoreo che ritrae Giovanni Battista Niccolini, realizzato dal celebre scultore toscano dell'Ottocento Lorenzo Bartolini.

Gli sportelli di Mariotto di Nardo - già sottoposti alla dichiarazione d’interesse da parte dello Stato – erano esposti alla Biennale Nazionale dell'Antiquariato che si è tenuta nei giorni scorsi a Firenze, nello stand dell'antiquario Matteo Salamon di Milano. La Galleria dell'Accademia li ha acquistati al prezzo di trecentomila euro. 

Negli stessi giorni della Biennale, Angelo Tartuferi, vicedirettore del celebre museo fiorentino e noto specialista di pittura antica, ha identificato le due semilunette con le figure dell’Annunciazione come parti terminali superiori dei medesimi sportelli ritagliate in epoca imprecisata, ma certamente anteriore alla fine dell’Ottocento, quando i quattro dipinti figuravano ancora nel catalogo della Galleria Corsini a Firenze. Mentre le tavole con le coppie di santi erano nella illustre collezione fiorentina ancora alla fine degli anni venti del Novecento, delle due semilunette si era persa ogni traccia. La Galleria dell’Accademia è quindi riuscita ad assicurarsi anche queste opere ricomparsesul mercato, al prezzo di centosettantamila euro.

"Si tratta nel complesso di valutazioni economiche perfettamente in linea con i valori di mercato interno per i dipinti dei cosiddetti Primitivi - si legge in un comunicato stampa della Galleria - ma certamente sottostimate se le opere fossero andate sul mercato internazionale". 

E' stata così avviata la ricomposizione di un tabernacolo, probabilmente di notevoli dimensioni e frutto di una commissione molto importante, forse da parte degli stessi Corsini, per i quali Mariotto di Nardo aveva già lavorato in gioventù. I quattro dipinti sono caratterizzati da una finissima e preziosa decorazione in pastiglia dorata, arricchita ulteriormente da una copiosa granitura della superficie, eseguita secondo le indicazioni tecniche descritte da Cennino Cennini nel Libro dell’Arte. 

Mariotto di Nardo fu indicato già dal Vasari come figlio di Nardo di Cione e, quindi, nipote di Andrea Orcagna, ma tale affermazione è stata riconosciuta come veritiera soltanto in tempi recenti. Artista dalla lunga carriera, i cui dipinti più antichi si datano intorno al 1380, è già rappresentato in Galleria con un polittico in ottimo stato di conservazione eseguito anch’esso su commissione della famiglia Corsini e proveniente dalla chiesa del monastero di San Gaggio a Firenze. 

Formatosi nella fondamentale cerchia degli Orcagna e dei loro seguaci più diretti, l’artista sperimentò nella fase matura della sua carriera – cui appartengono le opere ora acquisite - sia i fermenti culturali e stilistici neogiotteschi della fine del Trecento, sia le suggestioni della pittura tardogotica sull’esempio di Lorenzo Monaco e Gherardo Starnina, mantenendo tuttavia con forte coerenza e sperimentata capacità professionale il suo linguaggio solenne e posato.

Il busto del Bartolini, esposto alla stessa Biennale nello stand dell'antiquario fiorentino Giovanni Pratesi, è stato invece generosamente donato al Museo dall’Associazione Amici della Galleria dell’Accademia di Firenze, e porta con sé una piccola curiosità.

Secondo le note all’elenco de “Le opere presenti nello studio di Lorenzo Bartolini al momento della morte” redatto dal suo fedele allievo, Eliso Schianta, il modello in gesso di Niccolini non fu “mai eseguito in marmo”, tuttavia una scultura del letterato fu presentata pochi anni dopo a Firenze, dagli eredi dell’artista pratese, all’Esposizione Italiana agraria, industriale ed artistica del 1861. Dopo questa pubblica presentazione la collocazione del busto in marmo fu citata, nelle diverse monografie dedicate allo scultore, come “sconosciuta”. 

Ricomparsa solo qualche anno fa nel mercato antiquario, dopo oltre un secolo e mezzo, grazie a questa donazione, la scultura in marmo e il modello in gesso sono di nuovo l’una accanto all’altro. 

Entrambi firmati e datati i busti presentano come unica difformità, quella della dimensione. Stilisticamente identici, i due ritratti presentano il Niccolini con un’espressione leggermente contrita. I capelli - finemente modellati - ricadono morbidamente sulla fronte, unico vezzo dato al ritratto improntato all’antica.

Lorenzo Bartolini deve la sua formazione artistica e culturale al prolungato soggiorno parigino ed in particolare all’esperienza fatta presso lo studio del pittore Jacques-Louis David. Tornato a Firenze, divenne uno dei maggiori ritrattisti dell’epoca con committenze provenienti anche da importanti famiglie europee, prima fra tutti quella di Napoleone Bonaparte. Il legame con la famiglia Bonaparte gli comportò pesanti difficoltà dopo la sconfitta dell’imperatore in modo che i primi committenti furono soprattutto inglesi, spagnoli e russi.

Questa peculiarità stilistica si ritrova anche nel ritratto di Giovanni Battista Niccolini che lo scultore eseguì di getto nel 1827, l’anno in cui il letterato e tragediografo pisano portò in scena per la prima volta, presso il teatro del Cocomero di Firenze, l’opera “Antonio Foscarini”.

La tragedia, dal carattere esplicitamente politico, se da una parte comportò svariate polemiche, dall’altra suscitò il plauso di un nutrito gruppo di intellettuali fiorentini che dettero avvio ad una sottoscrizione pubblica che culminò, nel 1828, con il conio di una medaglia in suo onore.

Il ritratto del Niccolini, liberamente ispirato dal gesso bartoliniano esposto nella Gipsoteca della Galleria dell’Accademia di Firenze, fu disegnato da Francesco Nenci e inciso da Giuseppe Girom.


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