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Pillole

di - mercoledì 19 luglio 2023 ore 08:00

La notte sa di fieno, di erba umida, di fiori pestati. Nell’aria un odore di afa e sudore, di gente e paese. Le luci diffuse offuscano le stelle e i rumori di fondo sopraffanno la musica e il silenzio. Ma c’è un sentore di pioggia, l’annuncio di un temporale estivo, come fosse una promessa per la terra riarsa. Un lavacro. La vita è un mucchio di giorni senza senso e qualche buona giornata. A molti non piace sentirselo dire. E forse è meglio tacere. Che poi da dire non c’è granché, perché tutto è già stato detto, tutto il meglio o il peggio che c’era da dire. Meglio tenersi i pensieri per sé, evitare di riempire l’aria di parole.

Aneliamo il conforto di sempre nuove certezze: le certezze rendono tutto più facile. Ma quali certezze ci restano col passare degli anni? Dal remoto della storia? Poiché tutto scorre, in questa liquida modernità, il cambiamento è l’unica cosa permanente e l’incertezza è la nostra sola certezza, il modo "giusto" di approcciare il mondo. Le sole certezze concesse sono la nascita e la fine. Tutto il resto è incerto e anche di ciò che si vede e si tocca non sempre rimangono fondate verità. Restano di noi i figli, un amore, che sono già tanto. “Non t’amo se non perché t’amo”, l’ineluttabilitàdell’amore ci comanda, “scegliete chi abbracciare finché siete in tempo”: la prima frase è un sonetto di Neruda, la seconda è scritta sul muro del Circolo Bertelli. E poi niente altro ci sopravvive. Nulla. E non “il nulla” che, dice Caproni, sarebbe già qualcosa e forse vi si nasconde Dio. Perché “Dio non c’è, ma non si vede. Non è una battuta: è una professione di fede”.

Un passo evangelico dice di entrare per la porta stretta, poiché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano. Invece stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano. Facile sbagliare, facile perdersi. Ma francamente non è questione di perdersi o, peggio, di perdizione. Perdersi per aver scelto la strada più facile e larga è possibile, certo. Come dare risposte semplici a domande complesse. Ma il fatto è che è difficile attraversare la vita e il destino: è come la traversata del deserto con il vuoto e le tentazioni, i demoni, le oasi rare, le rotte carovaniere, i miraggi, l’effetto fata morgana. Ghibli e tempeste di sabbia, sole abbacinante di giorno. E di notte, sospeso, un universo di stelle. Così in fondo è la vita.

Un cuore di spine, un cuore sacro che sanguina. Ma anche il più sanguinante dei cuori può essere guarito. C’è una strada, narrata dal compianto Gianni Celati -uno scrittore, non parente, nemmeno alla lontana- che si chiama "Via delle Anime". E il bello di questa strada è che, nonostante il nome così promettente ed evocativo, non porta da nessuna parte. Che forse è il destino delle anime. In provincia di niente, orizzonte ristretto, nessuna vista dall’alto: un viaggio nella nebbia delle pianure e della vita. Immaginario felliniano, carnevali esausti, mari piatti, finti, piroscafi di cartapesta, ricordi inventati. Esiste la provincia?

La provincia è una targa, una sigla che si scrive fra parentesi. La istituì Napoleone, come i prefetti. Sono un mucchio di carte, abolite e ora riammesse da queste nuove marionette del potere. Un potere, nemmeno fine a sé stesso. La provincia siamo noi, quelli che siamo di qua o che quaggiù piovono e capitano da altrove per fermarsi per sempre o per un po’. E c’è una provincia dell’essere, che è più di una carta geografica, una provincia dell’anima che ci resta dentro, che ci definisce senza limitarci. Milan Kundera in eloquente, significativo silenzio è morto a Parigi, una provincia del mondo, e voleva essere dimenticato, forse invocava, non il peso della memoria, ma la leggerezza dell’oblio, che sarebbe un diritto. E sarà ricordato per sempre.

Perché scrivere serve o forse no. Serve chi lo fa bene -non certo io- chi parla all’anima dell’anima: alla nostra e quella del mondo. Che, mi dici, è una merda e forse hai ragione. Forse anche più di quello che dici. Forse più per altri che noi, a cui pure, bene non va. È che io a volte non so se sia più merda il mondo o la vita. Ma intanto ho chiuso le imposte, il ronzio del climatizzatore assicura il refrigerio dalla vampa. Il calore si toglie da dentro per spingerlo fuori. Dove tutto brucia o dilava. È così che do il mio contributo di conforto-sconforto a peggiorare le cose, alla feroce, crudele, inedia del mondo e mi ritiro, senza parole. E non sono migliore.

Marco Celati

Pontedera, Luglio 2023

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Questi pensieri incoerenti -assunti in pillole, non certo di saggezza- nascono da percorsi altrettanto incoerenti e frammentari. Frasi colte al volo dal film di genere "Dead man down - Il sapore della vendetta" e dal più pregiato "La ballata di Buster Scruggs" dei fratelli Coen. La televisione contribuisce con la trasmissione "Alla ricerca del ramo d’oro" di Edoardo Camurri. Poi, oltre ai citati Caproni e Neruda, c’è addirittura, mal letto e peggio interpretato, travisato con Eraclito, Bauman che non risolve il paradosso della "società liquida", anzi l’aggrava. Ha ragione Kundera: l’esistenza è insostenibile e leggera, magari non è uno scherzo. Il mondo è solo sbagliato, ingiusto, sfruttato e andrebbe rispettato e cambiato. Perché tutto concorre e si tiene: sono pillole da mandar giù, come quelle per l’insonnia che sono finite.

Corazon Espinado” Santana Maná


Corazon Espinado
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