Cultura

Lo studioso che scopre le “fake news” del passato

Il libro di Bernacchioni sulla manipolazione dell’informazione durante la I Guerra Mondiale fa fare un passo avanti alla ricerca storica

Fulvio Bernacchioni

“Tutto ha avuto inizio da un'idea emersa durante una semplice conversazione con i compianti Letizia e Roberto Marcucci, due conoscenti ai quali piacevano le storie che ho narrato nei miei libri". Ma poi c’è voluta tutta la pazienza, la determinazione, la passione per la ricerca di Fulvio Bernacchioni perché quel piccolo input diventasse un libro “1915-1918 Notizie dal fronte. La Prima Guerra Mondiale nei comunicati ufficiali tra propaganda e censura” (edizioni Tralerighe Libri).

Un saggio scritto in dodici mesi, ma che ha richiesto una ricerca di tre anni per poter analizzare una mole immensa di testi e anche il “sacrificio” di andare in vacanza – moglie e figlia al seguito - nei luoghi in cui il conflitto si svolse.

“In quel periodo – ricorda Bernacchioni - ho praticamente costretto la famiglia a trascorrere le ferie nei luoghi della Grande Guerra: Trentino, Friuli-Venezia Giulia, Slovenia. Per fortuna sono posti molto belli ed anche se mosso dall'interesse di conoscere i siti dove erano accaduti episodi oggetto del libro, c'era modo di trovare momenti di relax e di divertimento”.

Un lavoro lungo e faticoso quello del giornalista e scrittore – non ama definirsi storico, ma in fondo lo è – per portare a termine un’accurata indagine, circoscritta al caso italiano, su linguaggi e meccanismi utilizzati un secolo fa per creare consenso attorno alla prima grande tragedia del Novecento. L’analisi comparata svolta con metodo scientifico dei bollettini ufficiali, le memorie dei protagonisti e le più recenti ricerche storiche ha messo in luce, diremmo oggi, le fake news dell’epoca.

Il confronto dei dati ha permesso di capire quali fatti al tempo furono narrati correttamente, quali episodi di guerra ridimensionati e cosa fu volutamente taciuto dai mezzi di informazione influenzati dai poteri forti della politica e dell’economia.

“L’intento – spiega l’autore - è stato quello di evidenziare i fattori che hanno condizionato la libera informazione e come siano stati riferiti i fatti nel momento stesso in cui sono accaduti. Episodi noti e meno noti della Prima Guerra Mondiale sono stati messi a confronto con i Bollettini ufficiali di guerra, giornalmente diffusi dal Comando Supremo, e con le notizie dell'Agenzia Stampa Stefani comunque vagliate e verificate dalla censura. È stata presa in esame una grande mole di testi. Solo i bollettini del comando supremo costituiscono un corpus voluminoso. A questi si devono aggiungere resoconti parlamentari ed interventi di politici dell'epoca. Il lavoro più impegnativo è stato quello di fissare i tratti salienti della narrazione ufficiale del conflitto e di cercare riscontri o discrepanze con i racconti tramandatici dai testimoni e protagonisti di quei fatti”.

La bontà della ricerca è stata subito riconosciuta: nel 2018 il volume si è aggiudicato il premio letterario “Nabokov” nella sezione saggistica inedita. Sono poi seguiti consensi nelle varie conferenze dei mesi scorsi per la presentazione del saggio (la prossima sarà ad Arezzo i primi di marzo).

Ma la curiosità di Bernacchioni non è appagata e il successo del suo ultimo libro lo fa già pensare alle prossime ricerche: “Il tema dell'informazione e delle tecniche di manipolazione dell'opinione pubblica, in tempo di guerra ma anche in tempo di pace, è vasto e potrebbe offrire anche altri spunti per futuri approfondimenti. Inoltre, il ritrovamento di documenti inediti potrebbe portarmi indietro nel tempo: alla Toscana della fine del XVII, inizi XVIII secolo, in un mondo opaco dove non sempre l'applicazione della giustizia corrispondeva al rispetto ed alla tutela della dignità umana”.