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Le tre peggiori disgrazie per chi sale su un aereo

di - domenica 05 novembre 2023 ore 00:05

Una bambina in aeroporto a Miami
Una bambina in aeroporto a Miami - foto Blue Lama

Le tre circostanze più jellate che possono capitare volando? L’aereo precipita, l’aereo viene dirottato, c’è un neonato a bordo. 

E’ una battuta, ovviamente, che mi era venuta in mente anni fa dopo un'esperienza diretta. D’altra parte, è capitato a tutti di ritrovarsi in aereo con un bimbetto che si mette a piangere qualche fila più in là, emettendo un lamento in crescendo tipo sirena dell’ambulanza, e va avanti per un bel po’, con il genitore affranto che cerca invano di calmarlo, la hostess che interviene e peggiora la situazione, gli altri viaggiatori sempre più incarogniti, anche perchè la cabina fa da cassa di risonanza e amplifica la tortura.

Un padre con in collo il figlio nella cabina di un aereo

Un padre con in collo il figlio in aereo - Foto Blue Lama


Poi, si sa, quando l’aereo prende o perde quota le orecchie si tappano per lo sbalzo di pressione e i bimbi, spaventati da quella sensazione sconosciuta, scoppiano in lacrime. Inoltre restare seduti a lungo nello stesso posto angusto, dopo aver ciondolato per ore in un terminal, provoca disagio in noi adulti, immaginatevi in un bambino, pure se rifornito di accessori sorprendenti come il trolley-monopattino sotto al titolo. Quindi, battute a parte, se c’è un posto dove, anche solo per scomodità, il pianto infantile è comprensibile, questo è proprio l’aereo. Infatti il problema è altrove.

Oggi i luoghi dove si può incappare in bambini che scorrazzano facendo un baccano infernale oppure si disperano senza apparenti motivazioni logiche sono soprattutto gli esercizi pubblici: in pizzerie e ristoranti succede di assistere a bizze clamorose o a giochi assordanti mentre i familiari dei pargoli non mostrano nemmeno un moto di imbarazzo, suddivisi fra quelli che farfugliano inviti a smetterla sulla cui efficacia non credono neanche loro, figuriamoci i figli, e quelli che fanno finta di non vedere e non sentire fino a quando il piccino sbatacchia da qualche parte e frana a terra, iniziando a strillare per una causa certa e più socialmente accettabile della maleducazione.

Per tamponare il problema, in molti Paesi esteri vengono attrezzati praticamente ovunque spazi dedicati ai bambini come quelli nelle foto seguenti, allestiti in un ristorante, in un aeroporto e addirittura in una chiesa in Norvegia. 

Spazio giochi in un ristorante di Bodo, Norvegia - foto Blue Lama

Spazio giochi in un ristorante di Bodo, Norvegia - foto Blue Lama

Spazio giochi all'aeroporto di Tromso, Norvegia - foto Blue Lama

Spazio giochi all'aeroporto di Tromso, Norvegia - foto Blue Lama

Spazio giochi in una chiesa di Andoya, Norvegia - foto Blue Lama

Spazio giochi in una chiesa di Andoya, Isole Lofoten, Norvegia - foto Blue Lama


Oppure madri e padri potrebbero agire preventivamente, scegliendo i locali che si sono organizzati allo scopo. A volte basta poco, come il cartello affisso sulla cassa di una trattoria di Reggello, nel Valdarno: "I bambini hanno la precedenza per le pizze". Della serie: "Resistete, arriviamo!"

Cartello in una pizzeria di Reggello - Foto Blue Lama

Cartello in una pizzeria di Reggello - Foto Blue Lama


Accorgimenti del genere però non sono risolutivi nei casi in cui i genitori sono incapaci o non si prendono la briga di contenere l’esuberanza della prole.

Qualche giorno fa i media hanno dato risalto alla notizia che i titolari del ristorante Toccoa Riverside, in Georgia, negli Stati Uniti, hanno messo in conto 50 dollari di 'multa' al babbo di un paio di frugoletti eccessivamente vivaci, mettendo in pratica un avvertimento stampato sul menù e che trovate qui sotto: “Sovrapprezzo per gli adulti che non sanno fare i genitori”. 

Screenshot del menù del ristorante Taccoa Riverside

Screenshot del menù del ristorante Taccoa Riverside


Sono anni che alcuni ristoratori ci provano, in Italia e all'estero, a tener lontani i bambini o almeno a dissuadere i parenti dal portarseli dietro. Però la frase stampata sul menù del Toccoa Riverside ha un valore aggiunto: va dritta al punto. Se un piccoletto fa troppo chiasso o non è in grado di rimanere seduto a tavola per più di cinque minuti, la colpa non è sua ma dei genitori che non gli hanno insegnato come ci si deve comportare in mezzo agli altri. Qui non c'è da disquisire se è nato prima l'uovo o la gallina: all'interno di una famiglia, la bambinocrazia è una disfunzione e chi la genera sono gli adulti.

In forza di un regio decreto del 1940, in Italia i proprietari di un un esercizio pubblico non potrebbero rifiutare a priori l’ingresso ai bambini perchè sono tenuti a garantire il servizio a chiunque lo paghi, senza discriminazioni. Ma al tempo stesso, per legge, i gestori hanno il diritto di allontanare chi arreca disturbo alla quiete pubblica, anche quando si tratta solo di far mangiare ai clienti una bistecca in santa pace. E sono centinaia i locali che hanno fondato la loro fortuna sulla selezione più o meno dichiarata della clientela senza che nessuno abbia gridato allo scandalo. Anzi, in genere, più bisogna sudarselo, l'accesso a certi luoghi presunti esclusivi, più lo si brama. Quindi non manca molto, a mio avviso, non dico a multare "gli adulti inabili a fare i genitori" ma al considerare normale il divieto di accesso ai bambini in alcuni ambienti.

E vedo già la tappa successiva: la guida ufficiale dei locali family free. Considerando il calo delle nascite ormai inarginabile e il conseguente incremento delle persone senza figli, sarà un successone.

Bluelama2023@gmail.com

Una mamma col figlio in passeggino nell'aeroporto di Istanbul

Una mamma col figlio in passeggino nell'aeroporto di Istanbul