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​Tutti insieme verso l’aumento di tre gradi

di - sabato 02 dicembre 2023 ore 08:00

È la prima volta nella storia dell'umanità che, secondo l’agenzia europea Copernicus, vengono superati di 2°C di temperatura media dell’intero globo terrestre rispetto ai livelli pre-industriali; è successo il 17 novembre scorso con un +2,07 ed il giorno successivo v’è stato un +2,06. Certo, sono solo picchi, ma nei primi dieci mesi di quest’anno c’è stata una media di +1,43°C di questo valore, che ad ottobre è arrivato a +1,70°C: sembra un’escalation inarrestabile.

Secondo l’ultimo rapporto Unep dell’ONU, il mantenimento del trend attuale nella politica di riduzione delle emissioni di CO2 ci porterà oltre i 2°C temuti fino ad oggi, verso un aumento di 3°C entro questo secolo.

Ricordo che i cinque maggiori inquinatori sono Cina, Stati Uniti, India, Russia e Giappone, che tre di questi (Cina, Stati Uniti e Russia) sono componenti stabili del Consiglio di sicurezza dell’ONU e che tutti i Componenti di tale Consiglio di sicurezza sono in guerra diretta o indiretta o minacciano guerra, che è, oltre al resto, una delle fondamentali cause di riscaldamento climatico. Il recente incontro tra Biden e Xi Jinping porterà qualcosa di nuovo nel contrasto al riscaldamento globale? Staremo a vedere.

Ricordo ancora che in tutto il mondo le destre negazioniste del riscaldamento globale o, comunque, i partiti che non vedono la priorità di efficaci azioni contro il riscaldamento globale sono al potere o stanno stravincendo le elezioni. Il populismo è, forse, il principale fattore del riscaldamento globale.

Nel 2018, l’IPCC (International Panel on Climate Change) ha pubblicato un rapporto che analizza, tra l’altro, le differenze tra uno scenario in cui l’innalzamento della temperatura venga mantenuto entro i +1,5°C e il caso in cui si raggiungano i +2°C.

Se fosse rispettato l’obiettivo degli 1,5°C, ci sarebbero

- un incremento del 100% del rischio di inondazioni;

- estati senza ghiaccio nell’Artico una volta ogni secolo;

- un aumento dei livelli del mare di 48 centimetri entro il 2100;

- effetti sul 6% degli insetti, 8% delle piante e 4% dei vertebrati;

- episodi di grave siccità per 350 milioni di residenti urbani entro il 2100;

- gravi ondate di calore per l’8% della popolazione mondiale almeno una volta ogni 20 anni;

- perdita del 70% delle barriere coralline globali entro il 2100.

Se invece fosse raggiunta la soglia dei +2°C, le conseguenze sarebbero ancora più gravi:

- un incremento del 170% del rischio di inondazioni;

- estati senza ghiaccio nell’Artico una volta ogni decennio;

- un aumento dei livelli del mare di 56 centimetri entro il 2100;

- effetti sul 18% degli insetti, 16% delle piante e 8% dei vertebrati;

- episodi di grave siccità per 410 milioni di residenti urbani entro il 2100;

- gravi ondate di calore per il 28% della popolazione mondiale almeno una volta ogni 20 anni;

- perdita totale delle barriere coralline globali entro il 2100.

Inoltre, ogni mezzo grado aggiuntivo può provocare una consistente riduzione della resa delle coltivazioni agricole, tanto che lo scenario a +2°C implica anche un rallentamento dello sviluppo economico a livello globale, con conseguenze più gravi soprattutto nei Paesi più poveri.

A questi scenari dovrebbe dare una risposta la COP 28, che dal 30 novembre al 12 dicembre, si svolgerà a Dubai, uno dei sette Emirati Arabi Uniti. A Dubai si chiude il bilancio globale dei progressi fatti verso i target dalla COP 15 di Parigi in poi: il “Global Stocktake” è il primo resoconto dell’impatto delle azioni per il clima adottate dai Paesi membri della “United Nations Framework Convention on Climate Change”, la Convezione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che include anche una verifica della loro validità per raggiungere gli obiettivi. Qualora vengano riscontrate delle lacune, come sarà probabile, verranno definite le strategie da mettere in pratica per garantire maggiori risultati. Dall’esito del Global Stocktake, quindi, dipende la direzione che prenderà l’azione climatica dei Paesi nei prossimi anni.

Inoltre, dopo l’accordo sul fondo per “perdite e danni” verso i Paesi colonizzati dai Paesi ricchi, raggiunto l’anno scorso alla COP 27 di Sharm el Sheikh, in Egitto, a Dubai si attendono i dettagli operativi.

I grattacieli con hotel a sette stelle, lo sfarzo ostentato e le piste da sci nei centri commerciali non fanno di Dubai un esempio di sostenibilità. Inoltre la COP28 sarà presieduta da Sultan Ahmed Al Jaber, amministratore delegato della compagnia petrolifera statale. Se, da una parte, nei mesi scorsi Dubai ha promesso all’Africa 5 miliardi per la cooperazione climatica, sempre di più in ognuna delle recenti COP sono presenti le lobby del petrolio, sempre di più sono vietate le proteste al di fuori dell’area di COP, sempre di più giornalisti e partecipanti sono sottoposti ad un controllo che limita la libertà d’informazione. E la new entry tra i lobbisti è senz’altro la coppia, rappresentata dal decotto candidato per il Partito Democratico USA del 2004, John Kerry, e dal rampante amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi: i due sono impegnati a raccogliere consensi e soldi per realizzare la fusione nucleare, progetto costosissimo e dai tempi di realizzazione inimmaginabili.

Che cosa ci si può aspettare di buono in questa kermesse e che vada al di là dell’aspetto caritatevole dei Paesi ricchi verso i Paesi poveri? Che la dichiarazione finale sia centrata sull’eliminazione di tutte le fonti fossili, la “phase out”. Che sia implementato l’aiuto in funzione ecologica ai Paesi poveri. E non vado oltre! Perché direi che ad ogni Paese dovrebbe essere assegnata una quota equa di emissioni, ma questo significherebbe che sia riconosciuta all’ONU ed agli scienziati che fanno capo ad esso un’autorevolezza in una situazione in cui la nave sta affondando.

Nel frattempo è ancora arenata la causa davanti alla Corte Europea, intentata da sei giovani dopo gli incendi del 2017 in Portogallo. Nel frattempo un altro gruppo di giovani ha intentato causa allo stato USA del Montana per i ripetuti incendi avvenuti, come conseguenza del riscaldamento globale, durante il 2022. Nel frattempo una giovane donna di Torino ha intentato causa alla Regione Piemonte in ragione dello smog di Torino e delle conseguenti problematiche respiratorie di cui soffre suo figlio di 6 anni fin da quando aveva pochi mesi.

Ed anche questo è un modo di indurre a ragionare chi dovrebbe essere al potere per ragionare del bene comune.