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Attualità martedì 09 aprile 2019 ore 17:50

Moby Prince, 28 anni senza verità

Il 10 aprile 1991 una collisione in mare, oggi ancora non del tutto chiara, e l'incendio del traghetto che provocò 140 vittime e un solo superstite



LIVORNO — A 28 anni dalla tragedia della Moby Prince, Livorno ricorda le 140 vittime che persero la vita quella notte. Domani, mercoledì 10 aprile, sono numerose le iniziative in programma, patrocinate quest’anno, per la prima volta, anche dalla Camera dei deputati della Repubblica.

Eugenio Giani, presidente del Consiglio regionale della Toscana, ha assicurato la sua presenza a Livorno ribadendo la necessità di accertare la verità e sanzionare i colpevoli per quel dramma che il 10 aprile 1991 colpì tutta la Toscana. Giani, in apertura dei lavori di oggi del consiglio regionale, ha anche invitato i consiglieri che lo desiderassero a recarsi a Livorno.

Il presidente interverrà in rappresentanza della Regione, prenderà parte alla cerimonia nella sala consiliare del Palazzo Civico e alle altre iniziative.

"Siamo vicini all’anniversario del 10 aprile - ha scritto nei giorni scorsi Luchino Chessa, presidente della onlus 10 Aprile Familiari Vittime Moby Prince - e come ogni anno la mia mente si riempie di pensieri e sentimenti più disparati. Da 28 anni sto pensando che mio padre e mia madre sono morti in un assurdo “incidente” tra un traghetto e una petroliera e che sono arrabbiato per come noi familiari delle vittime siamo stati trattati per tanti anni da chi avrebbe dovuto tutelarsi e aiutarci nella ricerca della verità. Arrabbiato perché il Comandante Ugo Chessa, uno dei comandanti più esperti del Mediterraneo, è stato usato come capro espiatorio, allo scopo di nascondere uno scenario ben diverso da quello di un banale incidente. Lo immagino in plancia, con le fiamme che si stanno sprigionano dalla petroliera, a cercare, insieme al resto dell’equipaggio di coperta, di portare via il Moby Prince dalla zona della collisione. I suoi resti, un tronco carbonizzato, un orologio, un ponte odontoiatrica, sono stati rinvenuti poco sotto il ponte di comando. Arrabbiato perché mia madre Giulia Ghezzani, una donna, una mamma una moglie dolcissima, che quel giorno casualmente si trovava a bordo, ha atteso invano ore in un orrendo scenario, lontano dal suo compagno di vita, nella speranza di essere salvata dalle fiamme incombenti. Arrabbiato perché quelle ore di attesa angosciosa, terminate con una morte orribile, si sarebbero potute evitare se chi di dovere avesse fatto quello per cui era preposto... salvare vite. Arrabbiato perché altre logiche hanno agito e fatto sì che nessuno abbia cercato e soccorso il Moby Prince... quella notte molti, compresi i dipendenti della Navarma, sapevano già nella prima mezzora dopo la collisione che la nave investitrice era il Moby Prince. Arrabbiato perché mio padre e mia madre hanno perso 28 anni di vita a causa di qualcosa che è successo al traghetto, e per tanti scheletri negli armadi di molti, sicuramente delle due compagnie di navigazione. Arrabbiato perché io e tutti gli altri familiari abbiamo avuto una vita sconvolta, 28 anni di strazi, delusioni, sofferenze, frustrazioni per molto tempo nella solitudine e nel silenzio, squarciato dai nostri tentativi di riscatto, abbandonati fino a poco tempo fa dalle istituzione, nel tentativo di fare una vita normale, ma con consapevolezza che non era così. Arrabbiato perché dopo 28 anni, pur con l’evidenza che tutto ciò che era stato scritto nei processi non è risultato vero, ancora oggi non abbiamo dei colpevoli. Noi non ci fermeremo! Tremate tutti voi che in qualche modo avete contribuito alla collisione e all’emissione di soccorso al Moby Prince. I 140 morti avranno il loro riscatto".


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