Economia

L'ora dei dazi Usa, trema l'economia toscana

Il presidente degli Stati Uniti Trump ha imposto tasse del 20% sui prodotti esportati in Usa dall'Europa. Borse a picco, ripercussioni regionali

Dazi del 20% sui prodotti importati negli Stati Uniti dall'Europa, Italia inclusa. Toscana inclusa. Dopo l'annuncio arrivato nella notte dal presidente Usa Donald Trump, l'entrata in vigore degli annunciati dazi stamani ha visto le borse colare a picco con aperture all'insegna del segno meno, mentre anche a livello regionale si paventano pesanti ripercussioni. Secondo Cia-Agricoltori proprio Toscana e Sardegna saranno le regioni più penalizzate dalla decisione di Trump, mentre da un'analisi Coldiretti Grosseto risulterebbe la provincia toscana più esposta.

Sì perché verso gli Usa la Toscana esporta una larga fetta di prodotti agroalimentari, vino e olio in testa che da soli valgono circa 900 milioni di euro: proprio per questi due prodotti made in Tuscany gli Stati Uniti rappresentano il primo mercato per l'estero

Il Consorzio del vino nobile di Montepulciano già nei giorni scorsi aveva levato un appello al governo con una lettera aperta.

In generale il timore, con una tassazione così elevata per i prodotti europei in ingresso negli Usa, non è solo per il danno diretto provocato dall'atteso calo delle richieste, ma anche per un danno indiretto legato al conseguente probabile dilagare dell'Italian Sounding, il fenomeno che pone sugli scaffali i vari vini "Cianti", prodotti come l'olio "Tuscan Sun" o con finto marchio Toscano Igp e via taroccando. Si tratta di un giro d'affari che solo negli Usa, secondo una stima Coldiretti, già vale 2 miliardi di euro.

Reggerà forse il segmento di alta gamma, ma i produttori più piccoli andranno incontro al contraccolpo più pronunciato: "Alcune imprese esportano per l'80% negli Stati Uniti", ha sottolineato stamani la vicepresidente della Regione Toscana Stefania Saccardi che detiene la delega regionale all'agricoltura. 

"Rincari di almeno 200 milioni"

Gli Stati Uniti finora sono stati un mercato strategico per il Made in Tuscany che nel 2024 ha superato il miliardo di euro con una crescita su base decennale del 128%. Con quasi un prodotto su tre (27%) è l’area commerciale più importante dopo il mercato europeo. Olio e vino sono i prodotti più richiesti con poco più di 900 milioni di euro.

Ebbene: "Il dazio doganale al 20% su tutti i prodotti agroalimentari porterà a un rincaro da almeno 200 milioni per i consumatori americani, con un calo delle vendite che danneggerà le imprese regionali, oltre ad incrementare il fenomeno del Tuscany Sounding", afferma Coldiretti Toscana. 

"Al calo delle vendite va poi aggiunto il danno in termini di deprezzamento delle produzioni, da calcolare filiera per filiera, legato all’eccesso di offerta senza sbocchi in altri mercati", aggiunge l'associazione degli agricoltori toscani. 

“L’introduzione dei dazi su vino, olio, formaggi ed in generale su tutto il paniere agroalimentare avrà inevitabili contraccolpi sia per le imprese esportatrici sia per i consumatori su cui ricadranno gli aumenti", spiega la presidente regionale Letizia Cesani.

Le preoccupazioni di Confindustria

"Quanto si temeva è avvenuto: i dazi ventilati dal presidente Trump sono una realtà - si legge in una nota a firma del presidente di Confindustria Toscana Nord Daniele Matteini - per quanto ancora da approfondire in tutti i loro aspetti applicativi e quindi nei loro effetti più o meno forti sulle merci esportate verso gli Usa"

In riferimento all'area Lucca-Pistoia-Prato "Gli Usa - spiega Matteini- pesano per l'8% del valore totale delle esportazioni, pari a 700 milioni di euro. Il 40% di questi è rappresentato dalla meccanica (macchine, apparecchi, mezzi di trasporto), il 23% dalla moda (abbigliamento, calzature, prodotti tessili), il 15% dagli alimentari, il 6% dalla carta e altrettanto da lavorazioni di prodotti non metalliferi.
Il mercato statunitense è quindi rilevante per il nostro territorio e gli effetti dei dazi Usa potrebbero farsi sentire in maniera significativa".

"Concordo con quanto rilevato da molti commentatori: il rischio più serio - prosegue Matteini- è di una vera e propria strozzatura degli scambi internazionali, innescata dai dazi Usa e alimentata da quelli che verranno verosimilmente stabiliti dagli altri paesi in un'ottica, che potrebbe essere non in tutti i casi raccomandabile, di reciprocità. Il consumatore americano avrà verosimilmente problemi ad acquistare prodotti di importazione con prezzi maggiorati, ma anche il consumatore europeo o di altre parti del mondo potrebbe trovarsi nella stessa difficoltà.
Certi meccanismi sono delicati e impattano oltretutto non solo in maniera diretta sul consumatore finale e sulla domanda di prodotti, ma sulle intere catene di produzione, incluse quelle statunitensi. I dazi sui semilavorati e sulle materie prime, in particolare, vanno a danneggiare le produzioni del paese importatore: qualche voce di organizzazioni di produttori americani si è già levata per evidenziare i pericoli del nuovo regime daziario. Ribadisco quanto ho già avuto occasione di dire: le norme in materia commerciale dovrebbero favorire gli scambi, non ostacolarli. La crescita dell'economia mondiale - di tutti i paesi, più o meno sviluppati che siano - è favorita da una circolazione delle merci libera e rispettosa delle regole del commercio internazionale, senza barriere tariffarie che limitino e distorcano i flussi. Quanto stanno facendo gli Usa non è costruttivo dal punto di vista economico: al contrario, rischia di essere gravemente deleterio per tutti, inclusi gli stessi Stati Uniti".