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Attualità sabato 24 settembre 2016 ore 17:38

La guerra del grano costa 700 milioni

Allarme lanciato dal presidente di Coldiretti Toscana Tulio Marcelli che denuncia il crollo del prezzo. Penalizzati la Maremma, il pisano e il senese



FIRENZE — Tempi duri per il grano, anche in Toscana. Per Coldiretti nel giro di un anno si è registrato un crollo del prezzo del grano duro destinato alla pasta del 43 per cento mentre quello del grano tenero destinato alla panificazione è sceso del 19. Nel frattempo i compensi degli agricoltori sono tornati ai livelli di 30 anni fa. Il tutto con il risultato, spiega l'associazione, che oggi il grano duro per la pasta viene pagato sotto i 18 centesimi al chilo mentre quello tenero per il pane è sceso addirittura ai 16 centesimi al chilo, su valori al di sotto dei costi di produzione.

“Ha fatto bene il nostro Presidente Roberto Moncalvo a rilanciare la guerra del grano - ha detto il presidente di Coldiretti Toscana Tulio Marcelli, commentando la denuncia del leader nazionale di Coldiretti in occasione del salone del gusto - i consumatori hanno il diritto di sapere che 5 chili del nostro grano, per gli speculatori, valgono meno di una tazza di caffè. I produttori stanno subendo un vero e proprio crack da 700 milioni di euro di cui quasi 50 sono stati persi dai cerealicoltori toscani”.

Dito puntato contro le strategie speculative che trovano nel Chicago Board of Trade il punto di riferimento del commercio mondiale delle materie prime agricole.

L'allarme riguarda anche la Toscana. Lo dicono i numeri. Mediamente circa 110mila ettari di terreno toscano sono coltivati a grano. Sono oltre 90mila gli ettari seminati a grano duro e circa 20mila quelli in cui si coltiva il grano tenero. La produzione del grano duro si concentra nella province di Siena, Grosseto e Pisa. Ad Arezzo, invece, si concentra il primato per il grano tenero, coltivato soprattutto in Val di Chiana. Sono circa 15mila  le imprese agricole toscane che coltivano grano; di queste 3mila seminano ogni anno più di 10 ettari a cereali. 

Il problema è che proprio nelle aree a più alta vocazione cerealicola della Toscana come la maremma, il senese e il pisano, dove si produce la maggior parte dei 3,5 milioni di quintali di grano della regione, le cose non vanno bene.

Ora, spiega Coldiretti, serve una forte iniziativa di filiera che coinvolga tutti i soggetti del comparto in modo da stringere accordi che assicurino ai cerealicoltori dei prezzi

“A favorire le speculazione sui prodotti italiani è la mancanza dell’obbligo di indicare in etichetta la provenienza per tutti i prodotti alimentari che consente di spacciare come Made in Italy prodotti importati dall’estero. L’obbligo di indicare in etichetta l’origine è una battaglia storica della Coldiretti – ha aggiunto Antonio De Concilio direttore Coldiretti Toscana - che con la raccolta di un milione di firme alla legge di iniziativa popolare ha portato all’approvazione della legge n.204 del 3 agosto 2004. Da allora molti risultati sono stati ottenuti anche in Europa ma - continua - l’etichetta resta anonima per circa la metà della spesa, dai salumi ai succhi di frutta, dalla pasta al concentrato di pomodoro. Non è più possibile prescindere dal rendere obbligatoria l’origine in etichetta per tutti i prodotti alimentari, a difesa delle eccellenze dei nostri territori e per una corretta informazione ai consumatori”.


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