Pizza e birra
di - martedì 02 settembre 2025 ore 08:00

Me l'immagino. Fino a ieri pensavi che la birra fosse quella comprata al supermercato. Quella con lo sconto perché le birre, dal covid in poi, costano un occhio. Quella del sabato sera, tolta dal frigo poco dopo aver tolto la pizza dal forno, perché la pizza tiepida va anche bene ma la birra calda proprio per niente. Quella da mettere in quel vecchio bicchiere che ti era rimasto in mano dal pub se già non hai in tavola il bicchiere "da acqua" che va bene lo stesso. Quella della sagra del paese tuo, dove torni di tanto in tanto e una birretta te la concedi volentieri perché ti piace berla anche così: dal collo della bottiglia.
Poi arrivi in Belgio. Ci sei andato per il cioccolato, le patatine fritte e per una foto a Bruges che ti sembrerà una cartolina. E per dire agli amici che anche tu lo sai che in Belgio fanno le birre. Mica t'aspettavi che ogni chiesetta avesse un'etichetta e ogni etichetta il suo bicchiere ufficiale dove ogni sorso ha un sentore di quel dolce amaro speziato acidulo fruttato caramellato cioccolatato che basta: non riuscirai mai a raccontare!
Il primo shock t'è arrivato così: scoprendo che la birra, in Belgio, è un paese a parte. Delle bionde ce ne sono più che al mare. Chiedi la rossa - ché ti piace quel grado in più, ti dà il sorriso - e ti versano la bruna. Insisti sulla rossa e ti ritrovi in bocca un sapore di canditi e di ciliegia che non sai da dove l’hanno tirato fuori. Ma da quando si mette la ciliegia nella birra? C’è la Tripel che sa di spezie e la Dubbel che è più dolce di una carezza di nonna. E poi c'è quella locale che, visto che ci sei, devi assaggiare. Sembra piccolo il Belgio ma l'elenco delle "birre locali" ha lo stesso numero di pagine di "Guerra e pace".
Il secondo shock l'hai tenuto in mano. I bicchieri! Sbalorditivi!? Perché ogni birra, in Belgio, non si versa in un boccale qualunque ma ha bisogno del calice giusto, con il logo giusto, con l’inclinazione giusta, per fare la schiuma giusta, ché se non la fa perfino s'offende. Ma che ne sai tu, che fino a ieri bevevi direttamente dalla bottiglia, alla sagra del paese tuo. E la schiuma neanche gliela fai fare perché ti hanno detto che non fa bene. A cosa non fa bene poi… allo stomaco? All'intestino?
Il terzo shock ti ha preso nell'abbazia trappista. La prima. Mica l'ultima. Sembravi in un film di Indiana Jones mentre odoravi (adoravi) la ricerca di ogni profumo santificando il luppolo. Ti sei fatto persino un selfie mentre facevi finta di spillarti una pinta, dietro un bancone addobbato con l’oro di un altare. E pure l’incenso. Altro che pizzeria!
Me l'immagino. Sazio e felice come un bambino al suo primo lunapark - d'altronde, in Belgio, perfino gli gnomi fanno la birra! - saresti voluto tornare a casa con la valigia piena di bottiglie pensando ai tuoi sabati sera ormai diversi. Ma poi ti ricordi che hai preso il volo economico, hai solo il bagaglio a mano, hai già quel bicchiere che ti hanno regalato alla degustazione, infilato tra i calzini sporchi per essere sicuro che non si spezzi, i liquidi non si possono portare e la bionda del supermercato, alla fine, ti piace pure. E chissà come ci starà bene, in quel bicchiere!
Bentornato in Italia. Ma che... è sabato? Pizza e birra.