L’eco-nazismo e le idee-forma dell’800 che sopravvivono in noi
di - sabato 31 agosto 2024 ore 08:00
L’eco-nazismo è un fenomeno complesso e contraddittorio che riesce paradossalmente a trasformare la critica all’antropocentrismo nell’elogio dell’identità razziale.
Una radice involontaria dell’eco-nazismo fu il movimento alimentare naturale: Eduard Baltzer nel 1867 fondò la prima organizzazione vegetariana tedesca: l’Associazione per uno stile di vita naturale. Egli sosteneva il vegetarianesimo per motivi di carattere morale, religioso, salutista, politico e socio-economico. Memore della fame del 1860 in Prussia, sostenne che una dieta vegetariana e naturale avrebbe reso i cittadini più sani e anche meno poveri: una dieta vegetariana richiede, infatti, meno terra arabile per la produzione rispetto a quella necessaria per una dieta a base di carne e la sua diffusione avrebbe potuto aiutare la Germania a diventare autosufficiente dal punto di vista agricolo. Egli immaginava la dieta come uno strumento per promuovere l’uguaglianza materiale tra i tedeschi in modo che la democrazia potesse emergere. Nel 1900 aderirono al vegetarianesimo gruppi molto diversi tra loro: pacifisti, ebrei ed anti-semiti. Col nazismo la questione dell’alimentazione e dell’ambiente acquisì importanza: Hitler cercò di diventare vegetariano, furono distribuiti libretti in cui si raccomandava di sostituire la carne con la soia, Göring era un convinto animalista e promosse leggi contro la vivisezione, Himmler promosse leggi contro la caccia.
Un’altra radice dell’eco-nazismo fu l’ideologia volkish, propria della “Rivoluzione Conservatrice”: essa reagiva al modernismo e al trionfo del capitalismo industriale; contrastava il parlamentarismo e la democrazia, definiti “la tirannia del denaro”. In linea con il pensiero di Oswald Spengler, esaltava la Kultur germanica, tradizionale e creativa, e denigrava la Zivilisation occidentale, decadente, priva d’anima, fondata su diritti astratti. Il romanticismo nazista avviò una propaganda e una politica di rivalutazione della natura che sconfinava nel neopaganesimo: rifacendosi al mito dell’età dell’oro e dell’Eden perduto, esaltava lo “slancio vitale” della primitiva “selvatichezza”, che oggi chiamiamo wilderness, una spontaneità delle origini che poneva l’uomo, la fauna e la flora in un tutt’uno organico. L’ecologismo nazista criticava dunque già allora l’antropocentrismo.
Il valore della cultura dell’ambiente fu però inquinato da due fattori: il misticismo e l’idea che le politiche autoritarie e dittatoriali potessero risolvere il problema. Il misticismo è alimentato da fenomeni dissociativi nella mente degli individui e, quando esso diventa fenomeno di massa, finisce per alimentare il totalitarismo nelle forme più assurde. E il nazismo, nella ricerca di un neo-paganesimo, lo fece strutturando una lugubre cultura, ben rappresentata nel Salò di Pasolini, ma anche in ricerche del Santo Graal o in altre iniziative amene alimentate dalle credenze di qualche gerarca.
Un fenomeno, che poi divenne fondamentale nell’ideologia nazista, fu il collegare l’ecologia al razzismo: in una visione riduttiva e priva della consapevolezza della storia dell’Occidente come storia coloniale, si affermava che la soluzione del problema fosse rigettare il progresso, ritornare alla purezza della natura e dell’agricoltura e rifiutare il cosmopolitismo della “razza” ebraica e delle altre “razze” inferiori. Ne seguì lo slogan sangue e terra (Blut und Boden), coniato fin dagli anni ’20 e reso ufficiale nel 1930 dal ministro dell’Agricoltura Richard Walther Darré: secondo questa ideologia, il popolo nativo reclama il legame con la propria terra per preservare sia essa che il suo sangue, mentre gli ebrei, per esempio, popolo nomade e senza radici, sarebbero incapaci di un rapporto autentico con la terra e le radici. Darré immaginò una ruralizzazione della Germania che permettesse la “salute razziale” e la sostenibilità ecologica; introdusse l’agricoltura biologica su larga scala, l’agricoltura biodinamica, le misure di protezione dei boschi, delle foreste e delle aree naturali. Gli effetti collaterali avversi di questa visione top-down furono, oltre al favore verso l’omeopatia, l’ecodittatura, il razzismo, l’identitarismo e un’idea rigida della genetica. Questa ideologia genetica, che allora imperava nella scienza e che stende tutt’ora a morire, porta a credere che il codice genetico sia centrale nel rapporto con l’ambiente, che ogni individuo sia plasmato dal proprio codice genetico e che compito dello Stato sia la “difesa della razza” anche attraverso esperimenti di eugenetica e quindi anche attraverso i campi di sterminio delle “razze inferiori”.
Le idee ottocentesche della genetica sono state ampiamente superate dalla scienza, che ha riconosciuto la complessità del rapporto tra geni e ambiente. L’attenzione della scienza si è spostata dai geni all’epigenetica: non sono più centrali i geni, ma la relazione tra geni e ambiente. È il cambiamento ambientale che induce nei geni un adattamento intelligente e questo fenomeno è ben esemplificato dalla plasticità cerebrale, che è un fenomeno continuo: il fatto che, caro Lettore, stai leggendo queste righe determina un cambiamento epigenetico nel tuo programma genetico, che adattandosi apre alla comprensione di quanto è scritto.
Un altro aspetto della relazione tra genetica e ambiente, che nel secolo scorso era icompreso, è il rapporto tra il codice dell’individuo ed il microbiota, cioè col complesso dei microbi che convivono al margine della relazione tra individuo ed ambiente e che danno l’inprinting dell’evoluzione, com’è esemplificato dalla maturazione della competenza immunitaria nei primi mesi di vita del bambino e dall’installazione di un batterio negli organismi, il mitocondrio, che ha permesso la respirazione cellulare e quindi l’adattamento dell’individuo all’interno di un atmosfera con uno specifico range di ossigeno.
La persistente ignoranza di queste informazioni da parte dei popoli e dei loro governi orienta la politica verso la questione identitaria e verso il razzismo più o meno dissimulato, tutti argomenti che fanno breccia sull’opinione pubblica ignorante … e, si sa, chi vota ha sempre ragione!
Dell’ignorante riduttivismo nazista e di ogni forma di autoritarismo se ne accorse Heirich Mann, fratello del più noto Thomas, che nel 1933 scriveva:
No, la dittatura non conta fra le sue file figure d’eccellenza. Ma, com’è facile intuire, non gliene importa nulla, poiché odia l’intelligenza e gli intellettuali e fa di tutto per sottrargli ogni potere. Allo stesso tempo, però, il regime ama presentarsi come benefattore delle scienze e delle arti, a patto che si pieghino ai suoi capricci… È arrivato Hitler e di colpo si è iniziato a gettare i soldi dalla finestra, con premi mirabolanti assegnati a romanzi di nessun valore, ma che strizzano l’occhio al regime. Ecco come si fa quando si vuole annacquare l’arte e il pensiero con idee finte e una finta creatività. L’esperienza ha insegnato ai nazisti che il denaro e la propaganda sono strumenti molto utili al raggiungimento del potere, così questi manipolatori immaginano di poter imporre senza fatica anche un nuovo spirito nazionale, che sia simile al loro … Si pubblica solo spazzatura purissima.
No, il regime non dispone di menti eccelse, né in letteratura né in altri ambiti dell’attività intellettuale e morale. Ha a disposizione alcuni cervellini che gli sono utili e un’enorme massa di mediocri, menti deboli che, in mancanza di vera letteratura – ormai messa a tacere o prodotta solo in esilio – si fanno sempre più deboli. L’appellativo di “belve intellettuali” non li tocca. Oggigiorno le belve sono molto apprezzate.
Se la scienza si è adattata in una maniera intelligente ai cambiamenti dell’ambiente ed ha riconosciuto che la tutela del contesto, della relazione, è prioritaria rispetto al contenuto ed all’identità di individui e nazioni, non altrettanto è avvenuto nelle popolazioni e nei governi che le rappresentano. Popolazioni e governi vivono ancora nel 1800! L’eredità transgenerazionale della cultura etnica e familistica è più forte dell’adattamento intelligente!
Altrimenti non si spiegherebbero alcuni fenomeni. Gli integralisti israeliani stanno cercando di costruire, in barba alla fratellanza tra popoli, la Grande Israele, né più né meno di Hitler, che intendeva costruire la Grande Germania. Israeliani e arabi e russi e ucraini si somigliano troppo, tanto da essere gli uni per gli altri il nemico ideale. L’escalation delle guerre e degli armamenti che preparano tale escalation sembra inarrestabile. Le elezioni premiano, in genere, chi ha ideologie autoritarie. Il contrasto dell’ebollizione globale non ha la priorità in nessun governo, nonostante i segni sempre più diffusi di sofferenza globale. I parenti dei governanti sono sistemati nei posti di comando al di là dei loro meriti personali.
Solo attraverso la consapevolezza dell’ignoranza di popoli e governi si può mandare a quel paese Giggino Di Maio che affermava candidamente: “Io non so quale sia il contrario del populismo … “.
Ma Di Maio non è il peggiore: la prossima volta vedremo che rappresentarono l’eco-nazismo due menti “eccelse” come Martin Heidegger e Carl Gustav Jung.