Non temo Berlusconi in sé, temo Berlusconi in me
di - sabato 17 giugno 2023 ore 08:00
Ei fu! Ed il suo lifting, la sua maschera facciale, la “smorfia”, l’espressione del viso costruita in tutta la vita, si sta dissolvendo. Ma con lui non è morto il “berlusconismo”, perché fa parte dell’abuso fatto cronicamente dall’uomo sull’uomo in due ambiti fondamentali: il “sesso” e il “possesso”.
“Sesso” significa abbandono dell’innocenza a favore del possedere il corpo altrui, una tipica espressione della società patriarcale, anche se manipolativamente mascherata da “buonismo”: Patrizia D’Addario, Ruby Rubacuori, Marysthell Polanco, Nicole Minetti, le olgettine del bunga-bunga erano da lui “narrate” come opere di bene, finalizzate a togliere dalla strada disgraziate ragazze per proteggerle nel suo lupanare. Ma a smentirlo c’erano le intercettazioni telefoniche ordinate da giudici “persecutori”: ad esempio, eccone una, effettuata nel 2008 da B. con GT, procacciatore di “patonza”.
B: Ieri sera bene mi sembra?
GT: Bene, una bellissima serata, perché eravamo pochi, tranquilli, poi eravamo stanchi pure.
B: Sì forse per tutte quelle, son troppe. Al massimo averne due a testa, però adesso voglio che abbia anche tu quelle tue, altrimenti mi sento in debito... Scusa portale per te che poi io mi porto le mie.
GT: Va bene.
B. Poi ce le prestiamo... Insomma la patonza deve girare…
“… Non siete Stato voi Che parlate di libertà come si parla di una notte brava dentro i lupanari”
L’ucraina Radio Svodoba ha commentato in modo veritiero: “Putin ha perso un amico. Silvio Berlusconi: un uomo che non conosceva la vergogna”. Quelli come B. conoscono, in effetti, solo l’auto-indulgenza. L’abuso sessuale e la prostituzione diventano, allora, dei “diritti”, delle “libertà”. In nome della “libertà di fare che ca … uno vuole” (come ironizzava Corrado Guzzanti … chiedo scusa, ma non si può non diventare volgari quando si parla degli uomini volgari), B. fondò un partito, il “popolo della libertà”, in cui, in un sol colpo, snaturò la narrazione di due termini: “popolo”, degradato a “populismo”, e “libertà”, degradata a “licenziosità”. B. è stato, in effetti, il primo “populista organizzato” e la sua sfrontatezza ha fatto scuola anche all’estero, in Donald Trump e in Boris Johnson, ad esempio.
Ma tutto ciò nasconde problemi edipici irrisolti. Il film del 1976 “Vizi privati, pubbliche virtù” (con regia di Miklós Jancsó) ben descrive la maniacale ossessività sessuale come modo per esprimere l’aggressione del figlio, dell’erede al trono, contro il potere perbenista del padre, dell’imperatore. Lo svilimento del sesso attraverso l’orgasmo coatto imposto alle donne è un modo per regredire dell’adolescente alla presunta libertà sessuale di quando aveva tre anni. Rientra nel narcisismo di chi ha il potere di far recitare i corpi altrui nelle proprie fantasie masturbatorie. Nella canzone “Il corrotto” Giorgio Gaber descrive bene l’ambiguo succedersi degli stati d’animo del narcisista: “Forse mai come ora l’erotismo è vincente, ma col tempo capisci che il sesso è poco importante: se non è in sintonia con l'amore è un piacere fugace… però quella lì mi piace, oh sì (…) La mia vita così triste, così passiva, ripetitiva: quasi sempre c'ho un nodo in gola, ma la vista di un bel seno mi consola. Come sono corrotto! È una donna piuttosto attraente, l'ho già detto; sotto, sotto chissà cosa sente, ha quell’aria innocente e pulita. E perciò va punita … “. L’eccitamento sessuale, dunque, come via per esorcizzare la noia di una vita malamente spesa!
“Possesso” significa, invece, espropriazione dei “beni comuni”, del “diritto a vivere”, proprio di ogni essere, a favore della privatizzazione, dell’esibizione sguaiata di una ricchezza indegnamente accumulata, salvo poi far del “bene” agli animali di compagnia e a qualcuno particolarmente servile. Il ricco ha, infatti, bisogno del “povero” che viene a raccogliere le briciole del pasto, perché la definizione del sé avviene sempre in contrapposizione con la negatività dell’altro. “Perché io so’ io e voi non siete un ca … ”, recitava il Marchese del Grillo. Ed, anzi, più numerosi sono i poveri, più è “generosa” l’elemosina del ricco.
Diversamente dal Marchese del Grillo, la Costituzione italiana recita, all’articolo 1, che l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro, dove per “lavoro” si intende “diritto al lavoro e dovere di contribuire al bene comune”. Diritto, dunque, ad avere una casa ed il minimo indispensabile per vivere decorosamente, dovere di ricambiare, ad esempio, pagando onestamente le tasse. A B. e a quelli come lui la Costituzione italiana non è mai piaciuta, la trovano di stampo “sovietico”: di qui i tentativi di rendere incostituzionale la Costituzione; il senso di vergogna provato da altri al posto loro ha finora limitato lo scempio, ma quelli come B. hanno la pazienza di un cancro!
Nelle sue promesse elettorali e nel suo “Contratto con gli italiani”, inoltre, era sua abitudine promettere generosamente “un milione di posti di lavoro”. La propaganda era evidente e non servono i dati Istat, che mostrano che i quattro governi di B. sul mercato del lavoro hanno avuto un impatto quasi nullo.
“Non siete Stato voi Che risolvete il dramma dei disoccupati andando nei salotti a fare i saltimbanchi”
B. non ha creato, ripeto, il berlusconismo: l’ irrispettosità verso l’etica, connaturata all’essere uomo, e verso le leggi era stata già esaltata da Niccolò Machiavelli (“Il fine giustifica i mezzi”) ed istituzionalizzata da Thomas Hobbes (“Homo homini lupus”, “ogni uomo è lupo per l’altro uomo”). E della piaggeria italiana se n’era accorto già Dante Alighieri quando, nel canto VI del Purgatorio, recitava questa invettiva: “Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincie, ma bordello!”. E l’Italia ha riconosciuto in B. il suo nocchiero, il suo pappone. E così, mentre gli adulatori televisivi continuano ad imperversare tentando di farlo “santo subito” (com’era successo con papa Wojtyla, con Raffaella Carrà e con tanti altri mediocri emblemi culturali), la stampa svizzera ricorda l’insano egoismo di B., reo di aver governato facendo esclusivamente i suoi interessi; "Ha cambiato il mondo, anche se non in meglio", titolano, in questi giorni, i giornali del gruppo svizzero tedesco “TamediaLink esterno”.
Il problema per i narcisisti è che non si amano, né si stimano ed hanno bisogno della plebiscitaria venerazione altrui. Nella favola di Andersen l’irragionevolezza dell’imperatore, che, ingannato dai suoi sarti, vuole essere ammirato per i suoi vestiti “nuovi” girando nudo tra la folla, viene smascherata dal bambino che esclama “Il Re è nudo!”. In Italia questo deve ancora succedere: quelli come B. devono continuare a falsificare la verità: come uno slogan pubblicitario deve essere ripetuto fino allo sfinimento e oltre, la verità deve essere falsificata. Uno storytelling da ripetere senza fine, perché, come rifletteva lo storico Hugh Trevor-Hopper a proposito di Joseph Goebbels, “ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà verità”. Proprio come nella pubblicità e nella propaganda, argomenti della tesi di laurea di B.. Se qualcuno, perfino il bambino della favola di Andersen, dice che B. ha coperto di ridicolo l’Italia, diventa un “nemico”, un “filo-russo” nella narrazione della bontà della guerra. L’atteggiamento divisivo, proprio del narcisismo, viene proiettato in chi dissente, in chi osa dire che il re è nudo.
Ma per realizzare questa società da “Grande Fratello” (non nel senso della banalità delle televisioni di B., ma nel senso di George Orwell, il cui libro è stato saccheggiato nel titolo dalle sue televisioni, ma ignorato nel significato), occorre circondarsi di “fratellini”, che come fedeli cagnolini leccano il re nudo e lo osannano per la sua vanagloria (slurp!) elaborando uno storytelling, una narrazione, in linea con il carisma del leader.
Lo storytelling è quella facoltà di introduzione ed addestramento alla cultura dominante, che si acquisisce dall’età di circa tre anni in poi. È a quell’età che vengono fatte al bimbo in formazione domande cruciali, quali “Per quale squadra tieni?” o “Che cosa vuoi fare da grande” al fine di ottenere le solite risposte banali: “Tengo per il Milan, come papà, e non per l’Inter, come lo zio… voglio fare l’astronauta o il pilota o il calciatore”; è a quell’età che la famiglia inizia a trasmettere, soprattutto con i fatti, stereotipi quali “Puoi avere tutto, basta che lo desideri!” oppure “Le donne sono tutte puttane”. È a quell’età che la famiglia sistema il figlio davanti alla TV sintonizzata su “Italia 1”… ed allora il piccolo, già “mostro” per aver incorporato gli abusi e le farse familiari, può diventare un “piccolo consumatore”, visivamente distorto e pronto a diventare “amico” di Maria De Filippi, a seguire i film, i telegiornali e le interviste di Bruno Vespa, ad ascoltare musica ripetitiva … tutto ideato per il consumatore medio, quello che è in grado, attraverso la sua omogeneizzazione, di elevare lo share. È a quell’età che si impara a ripetere gli slogan e le canzoncine della pubblicità.
“Non siete Stato voi Che siete uomini di polso forse perché circondati da una manica di idioti”
Ma andiamo con ordine.
Gli studi clinici hanno permesso di individuare una triade di componenti – la “dark triade of personality” o “oscura triade di personalità” -, che caratterizza gli abusatori e che è, a mio avviso, il fondamento di una società “malata”. Questa triade è costituita da machiavellismo, narcisismo e psicopatia.
Gli aspetti “oscuri” di B. si sono espressi, ovviamente, non solo nella sua personalità, ma anche nella sua relazionalità e nella condivisione della gestione del potere con altri “soggetti”, a loro volta “oscuri”.
Ma di tutto ciò continuerò a scriverne la prossima volta.