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A maggio le urne decideranno il futuro di Erdoğan

di - giovedì 13 aprile 2023 ore 09:00

Siamo prossimi ad una tornata elettorale dall'esito tutt'altro che scontato e il finale potrebbe avere delle sorprese. La popolarità del leader turco è in declino da molto prima che il devastante terremoto colpisse Turchia e Siria lo scorso febbraio, causando la morte di decine di migliaia di persone. E aprendo un acceso dibattito interno sulla manifesta impreparazione nella gestione degli aiuti di fronte ad un evento disastroso di quella proporzione. 

Giudizi negativi che si aggiungono alla critica diffusa per le scelte di politica monetaria di abbassare i tassi di interesse. La grave crisi economica e finanziaria che attanaglia il Bosforo, con l'inflazione ai massimi livelli (ormai stabilmente all'80%) e la conseguente svalutazione della lira, hanno praticamente ridotto drasticamente il potere di acquisto delle famiglie, acutizzando la povertà. 

A preoccupare, soprattutto i giovani, è invece la forma di regime autocratico che è andato instaurandosi: tra arresti indiscriminati e la repressione della libertà di stampa. La quasi totalità dell'informazione è oggi sotto il controllo del governo. In questi ininterrotti venti anni di centralismo di potere è andato radicandosi un sistema sostanzialmente nepotistico e clientelare. I ruoli chiave nelle istituzioni sono tutti in mano a fedelissimi e parenti di Erdoğan, padre padrone del partito AKP. Chi non è sottostato alla linea o per varie ragioni è finito in disgrazia, è approdato all'opposizione. 

Nei recenti sondaggi il candidato sfidante Kemal Kılıçdaroğlu è dato in largo vantaggio sul presidente. Nei consensi la larga alleanza che lo sostiene otterrebbe un numero di seggi superiore a quelli della coalizione tra l'AKP (Partito per la giustizia e lo sviluppo) e il movimento dell'estrema destra nazionalista MHP. Non è un momento facile per Erdoğan. Queste elezioni sono le più difficili che abbia probabilmente mai affrontato nella sua longeva carriera politica. La domanda che molti si chiedono è come reagirà il sultano di Istanbul nel caso il 14 Maggio uscisse sconfitto dai seggi. Accetterà di farsi da parte oppure romperà, violando le regole democratiche, come ha già fatto in passato? Non è un caso che il clima politico si stia surriscaldando. 

Si temono brogli. 

Inoltre, in questa campagna elettorale non poteva non entrare la questione geopolitica. La Turchia a trazione Erdoğan si è posizionata in modo originale nel conflitto ucraiano, sbandierando una presunta neutralità che l’allontana da Washington e la salda con Putin e l'Iran. I rapporti con la Casa Bianca sono pessimi, lo dimostra la visita dell'ambasciatore statunitense Jeff Flake al rivale Kılıçdaroğlu. Circostanza che ha indotto il presidente turco a tagliare formalmente i ponti con il rappresentante della superpotenza in Anatolia. Il gesto di Flake, volutamente poco diplomatico, è il chiaro avvertimento che Biden ha fatto recapitare al prezioso membro della Nato. 

Più cauta con Ankara è l'Europa, tenuta in scacco dalla sempre eterna questione migratoria.