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Imprese & Professioni venerdì 20 marzo 2020 ore 15:35
I riti portafortuna in Toscana: tra superstizione e tradizione
Riti, misteri, leggende accomunano l’Italia intera, da nord a sud, Toscana compresa, dove sono ancora vivi alcuni riti e atti scaramantici per avere buona sorte o scacciare la sfortuna.
TOSCANA — Anche
nell’epoca contemporanea, dove la razionalità la fa da padrone e
nonostante i progressi scientifici, non mancano riti, scongiuri e
superstizioni, in ogni fascia della società e in ogni situazione,
dalla vita quotidiana al mondo dello spettacolo e dello sport; basti
pensare ai tanti riti
scaramantici di cantanti e musicisti e alle
superstizioni nel mondo del poker professionistico, che
sono almeno sei (ma è sicuramente una cifra al
ribasso).
Molte di questi riti e leggende risalgono a
un’epoca precristiana a cui si è poi sovrapposto il cristianesimo
che spesso ha intaccato, ma non eliminato del tutto tradizioni molto
antiche; altri rituali, invece, sono legati proprio alle festività
del cattolicesimo oppure a tappe fondamentali della vita di una
persona, come la laurea o il matrimonio.
La Toscana così
come le altre regioni italiane ha le sue tradizioni, le sue fisime, i
suoi scongiuri, i suoi riti scaramantici. Spesso, le tradizioni si
legano a rituali di buon augurio, gesti e riti tesi
ad attirare la fortuna, scacciare la malasorte. Ogni città ha le sue
tradizioni beneauguranti: a Firenze, per esempio, meta di turisti e
cittadini è la Fontana del Porcellino, una statua di cinghiale in
bronzo nella Loggia del Mercato. Toccare il naso del porcellino, così
dice la vulgata, porta fortuna, così come infilare una monetina
nella bocca del cinghiale, a patto però che la monetina cada nella
grata collocata sotto.
Spesso, a cercare fortuna sono gli
studenti alle prese con l’esame di maturità o gli esami
universitari. A Pisa, i maturandi sono soliti mettere in atto il
cosiddetto Rito della Lucertola. A cento giorni esatti dalla
maturità, i ragazzi fanno un vero e proprio pellegrinaggio verso la
Cattedrale, sulla cui porta è presente una piccola lucertola in
bronzo: accarezzarla, così vuole la tradizione, è di buon auspicio
per la maturità e il resto della vita. Un rito simile si tiene a
Teramo con
la benedizione delle penne.
Tempo addietro, poi, era
di cattivo auspicio salire sulla Torre: lo studente avrebbe rischiato
di finire fuori corso tanti anni quanti erano i giri necessari per
arrivare alla cima.
Ben altre prove attendono i maturandi di
Livorno e dintorni: il Santuario di Montenero, a Livorno, è
l’occasione per mettere alla prova il proprio fisico con saltelli
(tanti quanti il voto ambito) e scalinate da fare in ginocchio. A
completare il rito, il lancio di una moneta sopra l’arco del
Santuario e una preghiera alla Madonna, altro esempio di come sacro e
profano, nelle superstizioni, spesso sono legati a doppio filo.
Ci sono poi tradizioni che la Toscana
condivide con le altre regioni italiane, per esempio i riti
legati alla Festa di San Giovanni.
L’elemento cardine
della festa di San Giovanni, che coincide con il solstizio d’estate,
è il fuoco: il 24 giugno, di sera, i Lungarni fiorentini si
riempiono dei Fochi di San Giovanni, che illuminano l’intera città.
Ma le leggende e i riti legati a questa festa sono numerosi: per
esempio, secondo la tradizione, durante la notte di San Giovanni è
bene raccogliere la rugiada dall’erba, le “lacrime di Salomè”
per migliorare la salute dei capelli o per bagnare i materassi per
scacciare le tarme. Se una donna, poi, desidera rimanere incinta, è
considerato di buon auspicio che si rotoli nella rugiada.
E
a proposito di amore, i fidanzati toscani sanno bene che il lunedì
di Pasqua non è un giorno come un altro: un giro attorno alla
Cappella di San Michele, sul Colle di Semifonte, avrebbe portato
gioia e fedeltà eterna, scongiurando qualsiasi rischio di rottura.
Infine, e restando sempre sul tema, il matrimonio: la
Toscana condivide col il resto della Penisola alcune tradizioni
(la sposa in bianco, il dono delle bomboniere, il lancio del
riso ai neosposini), ma in pochi sanno che fino a qualche secolo fa
il colore della sposa non era il bianco, ma il nero: solo il cappello
era bianco.
Abbiamo visto alcuni dei riti e delle
superstizioni ancora vive in Toscana, un patrimonio antropologico di
sicuro interesse; chissà poi che non avesse ragione il grande
Eduardo De Filippo quando diceva “Essere superstiziosi è da
ignoranti, ma non esserlo porta male”.
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