Puntini puntini in Paradiso
di - domenica 15 ottobre 2023 ore 00:05
La mia scoperta del paese delle meraviglie, il Mangystau, una provincia del Kazakistan che si affaccia sul Mar Caspio, è iniziata all’insegna dello spauracchio dei viaggiatori: l'imprevisto sfigato.
Una decina di cantieri sadicamente aperti in contemporanea sulla A1 ha allungato da 3 a 5 ore il tragitto fino all’aeroporto di Fiumicino. Approdata nel parcheggio lunga sosta, ci ho messo altri 40 minuti per coprire i 2 chilometri fino al terminal: l'autista della navetta era rimasto chiuso in un wc. Gli amici in partenza da Malpensa hanno perso la coincidenza da Istanbul ad Aktau, il capoluogo del Mangystau, e la compagnia aerea, in attesa di sciogliere le riserve su come spedirli in tempo utile a destinazione visto che il volo successivo era programmato per TRE giorni dopo, li ha mandati a dormire in un hotel a 90 - sottolineo NOVANTA - chilometri di distanza. In aggiunta, la valigia di una di loro non è mai arrivata neppure a Istanbul, spiacevolissima circostanza sempre, figuriamoci con la prospettiva di una settimana nel deserto.
Ma la buona stella del tour operator era con noi: seppure con i 'milanesi' in ritardo di un giorno sulla tabella di marcia, il gruppo si è ricongiunto in terra kazaka ed è iniziato sul serio il nostro viaggio verso l'incanto.
Il Kazakistan è una ex repubblica sovietica con un territorio vastissimo, quasi tre milioni di chilometri quadrati, nono posto per estensione nella classifica mondiale. Ci vivono appena 21 milioni di abitanti di etnia mista turco-mongola. L’Italia, per capirsi, ha un territorio 10 volte più piccolo in cui sgomitiamo in 59 milioni. Le principali risorse sono il gas e il petrolio e, nel Mangystau, il turismo è poco più in là degli albori: nella maggior parte dei villaggi c'è la connessione internet e si può pagare con le carte di credito ma gli unici negozi sono spacci di generi alimentari e di prima necessità, non esistono souvenir né oggetti tipici da comprare, le strade asfaltate sono poche, cammelli e cavalli vagano in libertà.
Sono invece organizzatissimi i tour in un'area desertica di enorme interesse geologico raggiungibile da Aktau con due ore di jeep. Le agenzie locali forniscono tutto il necessario: fuoristrada, autisti, guide, cuochi, pasti, tende, sacchi a pelo, due materassini a testa. Ai viaggiatori, superaccuditi dai driver kazaki, restano da gestire solo i bisogni primari - fame, sete, pipì e cacca all'aperto - e l’emozione scatenata da meraviglie della natura al cui confronto l’arte dell’uomo è, inesorabilmente, una pallida imitazione.
Il nostro itinerario ha seguito un percorso circolare in quel che resta di uno sterminato oceano mesozoico che poi, nel cenozoico, le collisioni fra l'Arabia e l'Asia e fra l'Africa e l'Europa hanno smembrato nei mari Mediterraneo, Nero, Caspio e di Aral. Oggi, grazie all'azione della pioggia e del vento, da immensi laghi salati si innalzano muraglie ciclopiche e cattedrali di roccia multicolore, costellati di sfere giganti, pinnacoli, archi e falesie candidi come la neve. Un universo parallelo, altro che la galassia lontana lontana di Star Wars.
Contrariamente a quanto sta avvenendo in altri luoghi del pianeta, ancora poco conosciuti ma già contaminati dalla spazzatura dei primi turisti, il deserto del Mangystau viene preservato o perlomeno i kazaki ci provano: i nostri autisti hanno depositato in grossi bidoni spuntati sul percorso i rifiuti prodotti nel campo tendato, compresi fazzoletti di carta e salviette umidificate, vietato buttarli in giro.
La montagna più amata dalla popolazione è a strisce bianche, rosse e marroni e si chiama Bokty. Riprodotta sulla banconota da mille tenge, è un simbolo nazionale.
La formazione rocciosa più nota fra i turisti invece è Kizylkup e ha un soprannome: Strawberry Tiramisù. Il perchè è evidente nella foto qui sotto.
Raggiungere la cima di molti bastioni del Mangystau non è difficile, i trekking sono brevi, basta un paio di scarpe con un buon grip: ce l’abbiamo fatta tutti. Conquistata la vetta, si è investiti dalla bellezza assoluta: la luce è chiara, prevalgono il bianco e l'argento, la linea dell’orizzonte è infinita.
Abbiamo così trascorso sei felicissimi giorni fra discese ardite e risalite, creste e precipizi, scattandoci a vicenda dozzine di foto in cui, sovrastati dalla magnificenza della Terra, siamo minuscoli. Solo irriconoscibili puntini, dispersi fra miliardi di granelli di sabbia assemblati dai millenni e scolpiti dalle tempeste.
Bluelama2023@gmail.com
Un ringraziamento speciale ai miei compagni di viaggio del gruppo Mangystau 4X4 coordinato dal mitico Alberto Soldavini di Viaggi Avventure nel Mondo.