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Brevemondo domenica 14 dicembre 2025 ore 06:30

Usa-Venezuela, Thailandia-Cambogia e Benin

La fuga rocambolesca di Machado dal Venezuela, scontri sul confine tra Cambogia e Thailandia e un (fallito) colpo di Stato in Benin



. — Benvenuti su Brevemondo. Cominciamo.

Maria Corina Machado ha lasciato il Venezuela

La leader dell’opposizione al regime di Nicolás Maduro, Maria Corina Machado, è riuscita a lasciare il Venezuela e a recarsi in Norvegia, poco dopo che la figlia Ana aveva ritirato per lei il Premio Nobel per la pace assegnato ormai qualche settimana fa. Una fuga rocambolesca per Machado, che l’intelligence venezuela, naturalmente, ricerca da tempo, con il supporto operativo anche dei servizi russi e cinesi. Non è bastato, però, per evitare la fuga: la donna, infatti, avrebbe superato una ventina di check-point militari indossando una parrucca e, alla fine, grazie a un peschereccio, ha raggiunto un’imbarcazione statunitense che l’ha accompagnata a Curaçao, un’isola a una sessantina di chilometri a nord dal Venezuela.

Oltre a essere un buon copione per un film di spionaggio, l’episodio rende ancor più tesi i rapporti tra Venezuela e Stati Uniti. Ormai dall’estate, infatti, il presidente Donald Trump sta esercitando pressione su Maduro affinché questi lasci il potere: nei giorni scorsi, sarebbe arrivato anche a offrirgli un salvacondotto se avesse tolto il disturbo rapidamente. In questa settimana, invece, gli Stati Uniti sono riusciti a prendere possesso di una petroliera venezuelana e a sequestrarla. Per il regime di Maduro, che poggia in larga parte sui proventi del petrolio, può rappresentare un duro colpo.

Maria Corina Machado in Norvegia [X Account]

La situazione, che si sta trascinando ormai da tempo, potrebbe presto subire un’escalation. Lo stesso Trump, del resto, ha ribadito che a breve potrebbero cominciare anche le operazioni terrestri in Venezuela. Va detto, comunque, che una simile ipotesi era già stata avanzata anche a fine novembre, senza che però vi fossero effettive conseguenze. Evidentemente, gli Stati Uniti cercano ancora di arrivare a un accordo che eviti l’intervento armato. Quel che è certo è che Washington stia cercando di ripristinare un certo controllo sulle questioni latinoamericane, seguendo quello che, a fanfare spiegate, è stato definito “corollario Trump” nella National Security Strategy. Per contrastare le incursioni russe e - soprattutto - cinesi nell’emisfero occidentale.

Cambogia e Thailandia si fanno di nuovo la guerra

Dopo il breve conflitto esploso alla fine dello scorso luglio, Cambogia e Thailandia sono di nuovo l’un contro l’altra armate. Anche in questo caso, lo scenario è il confine tra i due Paesi, in particolare nei territori dove insistono i complessi templari di epoca Khmer, come l’antico Preah Vihear e, più di recente, il Ta Moan Thom. Stavolta, le tensioni sono riemerse a seguito di un bombardamento condotto dalla Thailandia, che ha accusato la Cambogia di non aver rispettato il cessate-il-fuoco stipulato proprio in estate grazie alla mediazione statunitense. Anche stavolta, in realtà, Trump ha detto che i due Paesi avevano raggiunto un accordo per interrompere il conflitto, ma le sue affermazioni sono state smentite direttamente dal governo thailandese.

Come accade spesso in queste circostanze, comunque, ricostruire con certezza le mosse che hanno portato alla guerra è davvero molto complicato. La Thailandia, infatti, ha effettuato un attacco aereo dopo che, secondo le sue accuse, la Cambogia avrebbe ferito alcuni soldati nemici con l’esplosione di alcune mine. Non è inutile ricordare, in ogni caso, come il territorio cambogiano sia, probabilmente, quello più minato del mondo: secondo alcuni esperti, dal 1975 ai primi anni Novanta sarebbero state disposte più di cinque milioni di mine antiuomo.

Soldati thailandesi [Account X]

Quale che sia la verità, resta il fatto che attorno al confine tra i due Paesi restano in sospeso, oltre alle questioni territoriali, anche delle rivendicazioni storiche, nazionali e religiose. Alle origini, vi è un trattato firmato nel 1904 e modificato nel 1907 dalla Francia, che aveva posto la Cambogia sotto il suo controllo coloniale, e il Siam, l’attuale Thailandia. L’accordo ha istituito una commissione che avrebbe dovuto delimitare i confini, cosa però mai avvenuta. Neppure la pronuncia della Corte internazionale di giustizia nel 1962, che ha assegnato il templio di Preah Vihear alla Cambogia, ha risolto la disputa: gli scontri a fuoco vanno avanti ormai da decenni. E secondo alcuni analisti, il conflitto potrebbe essere un buon diversivo per gli stessi governi thailandese e cambogiano, impegnati ad affrontare seri problemi economici e sociali in patria.

In Benin il golpe va in fumo

Alcuni militari avrebbero tentato di deporre il presidente del Benin, Patrice Talon, prendendo possesso di alcuni siti militari e della televisione di Stato a Cotonou, principale città del Paese insieme alla capitale Porto-Novo. Quel che è certo è che, in una giornata piuttosto caotica, alcuni soldati in uniforme si sono presentati di fronte alle telecamere e annunciato come il presidente fosse stato deposto grazie all’intervento di una presunta commissione militare per la rifondazione. Poco dopo, comunque, lo stesso Talon ha affermato come la situazione fosse tornata sotto controllo e che il “piccolo gruppo” di soldati fosse stato messo in fuga.

Il tentativo di colpo di Stato, dunque, non è riuscito. A quanto pare, a mantenere in carica Talon, ci hanno pensato anche la Francia, che ha fornito supporto logistico alle forze armate beninesi, e le vicine Nigeria e Costa d’Avorio: la prima è intervenuta direttamente contro i militari che hanno cercato di rovesciare il governo, mentre la seconda ha inviato dei soldati successivamente per dare ulteriore manforte. Questi due ultimi Paesi fanno anche parte dell’Ecowas, la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale, spesso criticata per la sua inefficacia di fronte ai numerosi tentativi di colpi di Stato registrati nella regione. A ciò va aggiunto anche che i golpisti non potevano contare su un grande sostegno popolare: le manifestazioni che si sono tenute nel Paese a sostegno del presidente Talon lo hanno dimostrato.

Un corteo a sostegno di Talon [X Account]

Nonostante ciò, l’Africa occidentale resta una delle regioni più politicamente instabili del continente. Oltre al golpe avvenuto in Niger nel 2023, sul quale si staglia l’ombra lunga della Russia, soltanto il mese scorso i militari hanno preso il controllo della Guinea-Bissau. A rendere ancor più intricata la situazione è la contrapposizione che si è venuta a creare tra l’Ecowas e la neonata Alleanza degli Stati del Sahel. Quest’ultima è un’organizzazione che ruota attorno a un patto di mutua difesa stipulato da tre Paesi sospesi dalla Comunità economica proprio a seguito di altrettanti colpi di Stato militari: Mali, Burkina Faso e, appunto, Niger. Se il golpe in Benin fosse andato a buon fine, il Paese si sarebbe verosimilmente spostato nell’Alleanza degli Stati del Sahel.

Il pezzo della settimana

Non è un articolo di questa settimana e neppure di questo anno. Ma quello di Pierre Haski su Internazionale è un interessante approfondimento su una questione che, magari, anche molti di voi si sono posti di fronte all’ennesima notizia su un golpe in Africa: perché accadono sempre là? E perché, spesso, sono i militari i protagonisti? Si legge qui.

La canzone della settimana

Vogliamo immaginare Machado mentre lascia il Venezuela su un peschereccio e con una parrucca in testa sulle note dei The Animals.


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