D
di - domenica 04 giugno 2023 ore 08:00
Per quel che riguarda vivere si possono dire tante cose. Ma soprattutto una: la vita prosegue fin che si racconta. E quella del commissario Favati non fa eccezione. A Mindelo sull’Isola di San Vincenzo, dalla Toscana a Capo Verde, in fuga dalle cose e da se stesso. Pilar è morta, una storia triste, una brutta storia. Ma la vita continua, indifferente all’amore e al dolore. E va come va: ogni giorno, ogni giorno e ogni giorno uguale. Una monotonia senza sussulti. E tuttavia una novità ci sarebbe. Chi è D? La donna misteriosa che così si è firmata nelle lettere arrivate di nascosto. Il commissario se lo chiede. Si guarda intorno. Cerca in giro senza tradire troppo impegno, ma non potendo nascondere una crescente curiosità. A volte, tra la gente per strada, gli pare di intravedere una figura, incrociare uno sguardo ammiccante, promettente. Sospetto. Ma niente. Niente e nessuna si palesa. Tutto torna a scorrere e infrangersi contro le dighe della quotidianità.
Una sera che sta, come al solito, sulla panchina di meditazione, lungo il Porto racchiuso nella Baia, arriva il comandante Perez. Sta facendo jogging: strano, non era mai passato di lì. Si ferma, saluta il commissario, si siede accanto a lui, come per riposarsi: dal marsupio tira fuori una foto e gliela mostra. Si vedono una donna anziana e un ragazzo, riversi a terra, sgozzati. I corpi coperti di sangue da numerose ferite da taglio. Su di loro è stato atrocemente e furiosamente infierito. È un caso recente che stiamo seguendo, dice Perez, che evidentemente vuole informare il Favati, forse per chiedergli un parere. I due si conoscono da tempo e il commissario - anche se ex e in pensione, sia quanto a stato civile che per l’alloggio- ha collaborato a qualche indagine. La signora uccisa è un’ambulante e il ragazzo, il nipote, la aiutava al mercato.
Il commissario ha un moto di raccapriccio. Aveva già visto la signora! Era quella del banco degli oggetti di avorio che gli aveva consegnato una lettera di D. A lei il commissario era arrivato seguendo un ragazzino -forse quello ucciso- che gli aveva lasciato di nascosto la lettera. Proprio a quel banco D aveva comprato il “topo bianco d’avorio”, l’amuleto esistenziale montaliano che gli aveva fatto recapitare in un’altra lettera.
Non lo dice a Perez, ma gli chiede informazioni su quel duplice omicidio. Dove hanno trovato i cadaveri? Erano nel magazzino della donna, risponde il comandante, li ha scoperti il netturbino che fa il giro la mattina presto. Sono, erano, Ammina Diallo e Ali Diop. Capoverdiani, entrambi di origini senegalesi. Il comandante dice che per ora alla polizia non hanno una pista certa. Solo sospetti, ma non suffragati da prove o indizi. Commissario, aggiunge, e diamoci del tu dopo questi anni, se hai qualche idea contattami, ma, mi raccomando, non prendere iniziative personali! Indagare è nostro compito, lo sai, e poi, non importa dirtelo, è pericoloso!
Rientrando a casa, il commissario trova, nella reception della pensione dov’è situato il suo piccolo appartamento sul Porto, una lettera senza affrancatura a lui indirizzata: commissario Nedo Favati. Nella lettera c’è una foto, simile a quella che Perez gli ha mostrato, ma ripresa da un’altra inquadratura. Le immagini non sono meno macabre, anzi! Sul retro della foto c’è scritto: Destila veneno uma fé feroz. “D”. “Distilla veleno una fede feroce”. Ancora Montale! Di nuovo Dora Markus! Perché? Quel verso è nella seconda parte della poesia, scritta anni dopo e si riferiva al fascismo, al nazismo. Che c’entra? E Perché D parla in codice, ancora attraverso Dora Markus di Montale? Perché ha paura di essere scoperta? Conosceva Ammina e Ali? Come faceva ad avere quella foto?
E perché “una fede feroce” a Capo Verde? Nelle Isole vige la libertà religiosa: la popolazione creola è, in larga maggioranza cattolica, in parte protestante e una piccolissima, ma crescente percentuale è di fede islamica. Questi ultimi sono in prevalenza africani: vengono da Senegal, Guinea, Nigeria. E la signora uccisa e il ragazzo erano di origine senegalese e i senegalesi sono tutt’altro che integralisti e fanatici, anzi sono tolleranti quanto alle fedi. Il primo Presidente del Senegal, resosi indipendente dal colonialismo francese, Leopold Senghor, era cristiano, in un Paese a maggioranza musulmana. Sull’isola di Gorée, davanti a Dakar, dove si trova la Maison des Esclaves, accanto alla Moschea sorge la Chiesa Cattolica di San Carlo Borromeo. Quindi? Che c’entravano le vittime con integralismi fanatici o loschi traffici?
Il commissario rimugina, prende appunti. Criminalità internazionale organizzata, traffico di droga, cocaina e non solo: dall’America Latina all’Africa, all’Europa, al Medio Oriente. Capo Verde, com’era per la rotta degli schiavi, rappresenta un punto di passaggio. Dal Golfo di Guinea al Sahel corrono le rotte della pirateria e del narcotraffico che i terroristi jihadisti sfruttano come fonte di profitto e finanziamento per le armi, per la realizzazione di stati confessionali con le loro delittuose teocrazie. Su quelle rotte passa anche il contrabbando e il traffico illegale di avorio e di animali dall’Africa. Le autorità di Capo Verde combattono questi progetti criminosi e partecipano alle organizzazioni internazionali che li contrastano. Si tratta di gang criminali molto pericolose che difendono interessi ingenti e delinquono con ferocia.
Distillerie di grogue e drogherie: nel senso delle droghe e non delle spezie. Il grogue è un liquore che si ottiene dalla distillazione del succo della canna da zucchero. Ce ne sono molti tipi nelle Isole. Quelli ottimi sono stordenti ma ottimi da bere. Magari con moderazione. Quelli pessimi sono fatti con materie prime scadenti e l’aggiunta di zucchero raffinato in grande quantità: il prodotto che ne deriva è più adatto al serbatoio degli scooter da mettere in moto che alle bottiglie di liquore da ingurgitare. Le distillerie artigianali, autorizzate o meno, sono assai diffuse. Pensa commissario, pensa…
È mattina presto, a Mindelo, l’alba è sorta da poco, sembra quasi un tramonto. I colori sono gli stessi. Più rosati. L’aria è fresca. Un vento leggero si leva. Benedetti Alisei! Si sta bene. Ammina e Ali sono al magazzino a prendere la merce per il banco del mercato. Aspettano qualcuno.
⁃ Ali, ora arrivano i fornitori di avorio. Non mi piacciono quei tipi. Sono due persone losche, hanno un brutto giro e non voglio che tu li frequenti.
⁃ Zia Ammina, che problemi ci sono? Oltre all’avorio, spacciano alcol e bustine come tanti. Io sono bravo a portare le cose: le lettere di quella signora le ho consegnate o no?
⁃ Anche lei verrà qui al magazzino, chissà che vuole? Comunque non è la stessa cosa, Ali! Ho promesso a tua madre, la mia povera sorella, che avrei badato a te e intendo farlo: troncheremo con loro e basta!
⁃ Ma io mi sono impegnato…
⁃ Cosa?! Ti disimpegni!
Il furgone della ditta avanza caracollando a velocità sostenuta per le vie di Mindelo. Bashir e Hadi. Bashir è il capo, Hadi è al volante.
⁃ Fra poco arriviamo dalla senegalese, se questo dannato furgone non va a sbattere grazie alla tua guida: ed era meglio non metterci il nome della ditta, senza dare nell’occhio! Hadi, fai parlare me. Cerchiamo di convincerla a prendere più merce ed entrare nel giro.
⁃ Come vuoi, Bashir, ma non mi fido di lei, il ragazzo piuttosto… C’ho parlato.
⁃ Che testa di cazzo! Il ragazzo è un ragazzo e senza la vecchia… Hai fatto male a parlargli. Bisogna affiliarli, radicalizzarli, ma occorre prudenza! Che gli hai detto?
⁃ Ma niente, mi pare sia interessato allo spaccio di coca e sono soldi che entrano per la causa…
⁃ Quindi ora sa? Sei uno stronzo!
⁃ Bashir, smetti di offendere o va a finire male! Eccoci arrivati.
Nel magazzino c’è un alterco di Bashir e Hadi con Ammina e Ali. Le voci sono sempre più concitate. Bashir grida, Hadi è nervoso, nasconde un coltello.
⁃ Ammina, pensaci, è un occasione per il tuo banco: avorio, grogue e il resto del giro che può fare Ali, sono soldi!
⁃ Il vostro liquore è proibito, l’avorio illegale, di altro non voglio nemmeno sapere. E ve lo dico una volta per tutte: lasciate stare Ali.
⁃ Non si può più tornare indietro, Ammina, lo sai!
⁃ Teneteci fuori, Bashir, per favore, non diremo niente, ma basta, chiudiamola qui.
⁃ Lo sai che è per la jihad, lo stato islamico, la sharī‛a, Allah Akbar!
⁃ Allah è grande, ma non c’entra niente con voi e i vostri complotti politici. Non nominatelo neanche. L’Islam e la fede sono all’opposto dell’odio e del male! Qui nelle Isole si sta in pace…
⁃ Peggio per te, Ammina!
⁃ No, Hadi! Che fai? Ali, scappa!!!
Ali non scappa, difende la zia, si para davanti a Hadi e a Bashir. Quello che segue è orrore, atrocità. Ciò che trova e fotografa D che fa solo in tempo a vedere dileguarsi, in fondo alla strada, un furgone. E scorge qualcosa, una mezza scritta del logo. Poi il silenzio colpevole e spaventoso della morte.
Il commissario riflette: che significa “distilla veleno una fede feroce”? E se non fosse del tutto una metafora? Distilla, distilla… Quante distillerie ci sono a Mindelo? Tante. Quante che smerciano anche avorio? “Destilaria Fé”. Si trova in zona. Hanno un furgone con il marchio della ditta. Il commissario si apposta. Sono in due. Avverte Perez che ringrazia. Erano già sulle tracce degli assassini. Li arrestano. Fine della storia.
Nella cassetta della posta di casa, alla pensione, c’è una busta. Nella busta una lettera. Il commissario si siede in terrazza. È già sera, l’imbrunire, le prime luci degli scali e le stelle. La vita che si vive, che si scrive, che si legge.
E bravo il mio commissario! Sapevo che avresti capito, basandoti ancora su un indizio montaliano contenuto nella poesia per Dora. In fondo non avevo molto più da darti. Oltre la foto: mi porto quasi sempre dietro una macchinetta fotografica. E le foto sono brava a svilupparle da me. Non ho un cellulare, ma questo lo sai, te l’ho scritto. E poi sono una donna di altri tempi. Di lettere: studiarle in Italia un secolo fa a qualcosa è servito. Sorprendente comunque come l’ermetismo possa divenire col tempo un’esplicita indicazione. Anche se Montale non si riconosceva ermetico, o meglio sosteneva che la natura ermetica e allusiva è propria di tutta la poesia moderna. La finirò mai con queste citazioni? E scusami se ti ho coinvolto ancora, sono sempre atterrita dal terribile delitto a cui ho assistito. Quelle due persone trucidate chiedevano giustizia. E prima ancora pietà. Il mondo è orribile e sembra assurdo che tanto orrore ci colpisca fin qua dove la Natura, compiaciuta della propria bellezza, ha avuto compassione di noi da lasciarci, emerso dai vulcani e dal mare, un paradiso terrestre. Ed è incredibile che tanto fanatismo possa fingersi religione e tanta efferatezza riferirsi a un Dio. Non credo in Dio, talora nemmeno nell’uomo, ma, pur non credente, rispetto chi crede, chi ama, chi ha fede. Basta non sia per un qualsiasi “assoluto” che temo e rifuggo. Meglio una relativa e discutibile verità di un dogma apodittico imposto. Come è sempre preferibile la più fragile delle democrazie della più solida delle dittature. Non è un assioma la vita, forse nemmeno il mondo lo è. Né l’Universo e le sue leggi. E questo non è pensiero debole, anzi è forte pensarlo, perché lascia a noi la scelta, l’amore, la pena e la voglia di essere vivi e provare ad esistere. E io sono una romantica, in fondo. So che le aspettative ci deludono e ogni principio ci riconduce alla fine. Come un richiamo, un monito. Pensa che ero andata da Ammina perché volevo farle vedere le foto delle cose che faccio e proporle di venderle al mercato. Sono composizioni, pezzi di legno marino, conchiglie, sassi levigati di spiaggia, oggetti tenuti su da cordicelle consunte, sbiadite, rugginosi fili di ferro. Materiali ossidati dal tempo che l’Oceano ci rende, raccolti e assemblati, rifiuti recuperati perché possano avere una seconda vita ed essere amuleti, pendenti, arredi, inutilità che ci salvano dallo scialo, dallo spreco, dalla fine. Che ci dicono: esisti ancora. In fondo meglio del topo d’avorio che non è bello pensare provenga da qualche povera bestia morta od uccisa. Bestie siamo noi. Ma basta, commissario, ti ho fin troppo annoiato. Sono una musa inquieta e ineffabile. Solo in queste lettere esisto, ma forse un giorno ci sarò, mi paleserò. Non sono affatto brutta. Un tipo. E prenderò vita, esisterò. Dunque arrivederci? “D”.
Ora tutto il cielo di notte si è acceso, è sorta perfino la luna. Un taglio di pizza, una birra Strela. Che in portoghese vuol dire stella, perché tutto scorre e tutto si tiene, anche se non è vero. Almeno non sempre. Però il commissario è padrone di sé. Nonostante gli anni e gli acciacchi, così si sente. E se non è vero, almeno è bello pensarlo. Sapere che c’è chi ti pensa e ti scrive da qualche parte nel mondo e perfino in questa parte lontana dal mondo è con te. Anche se non è lì, anche se non è Pilar, che chissà dov’è. Se in qualche posto del cielo o del nulla. Lì, sul terrazzo, sta il commissario, a guardare la notte e le stelle. E riflesso nelle acque, un avvampo di luci. Che finale!
Marco Celati
Pontedera, Maggio 2023
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P.S. Mi scuso con i cittadini e le autorità della Repubblica di Capo Verde, perché con le insulse indagini e disavventure dell’improbabile commissario Favati, sembra che nelle dieci isole dell’Arcipelago imperversino malavita e malaffare. Il commissario, senza volerlo, sta diventando una specie di catalizzatore del delitto e della sfiga, come la buonanima della “Signora in Giallo”, in pace sia, che mieteva vittime nei piccoli paesi, solo al suo apparire, ad ogni puntata della serie. Il commissario è meno famoso, anzi per nulla, ma più grave è la sua colpa. Ancorché lette da pochi o nessuno, le “sue” storie fanno torto alla “morabeza”, lo spirito di gioia e di accoglienza delle Isole di Capo Verde che, tranne qualche episodio di illegalità, dovuto all’aumento del turismo e all’accresciuta, inevitabile, frequentazione umana, sono una meta splendida e sicura. Apprezzata dal Favati e, ahimè, ancor più invidiata dal suo autore.
https://www.sololibri.net/Dora-Markus-Eugenio-Montale-testo-analisi-commento.html