Il giorno dei saldi
di - lunedì 16 settembre 2024 ore 08:00
“A oltranza!”
Era il giorno dei saldi. Con il verbo essere sono diciassette lettere. Fatidiche. Il giorno dei saldi di fine stagione come quello del Giudizio (in cui si salda il conto) che però non è mai Finale. Si ripete e si ripeterà.
Quel giorno sotto il sole cocente, ma tornerà nel frigido rigore invernale sotto un cielo opaco o terso, quel giorno zizzagavo nel piazzale che esalava caldo malsano d’asfalto, nella vana attesa di mia moglie presa (o persa?) nella bolgia di una folla stipata e agitata intorno agli scaffali del grande magazzino, immenso e incommensurabile labirinto dal sapore templare e nona meraviglia del moderno.
Mentre trovavo temporaneo riparo nell’ombra di furgoni, una donna d’età incerta, più che di una certa età, appena uscita da un reparto e in procinto di capofittarsi in un altro, imperiosa si rivolgeva a colei che l’accompagnava e con lapidaria determinazione annunciava la sua, e la loro, intenzione. Aveva deposto nell’auto la roba appena comprata e a passo svelto come chi non ha tempo da perdere si dirigeva verso l’ingresso dicendo alla collega saldi-acquirente: “a oltranza!” preceduto dal sottinteso “e ora andiamo”. A oltranza, mai formula fu più appropriata. Una ferrea volontà di comprare potrà escogitare un’espressione più efficace? C’era un compito, una missione, un’azione da svolgere che non ammetteva incertezze o ripensamenti, andava portata a termine, almeno idealmente, fino all’esaurimento (delle forze? della merce? dei soldi? o nervoso?).
Con quella donna, vista in uno di quei non-luoghi (definiti così perché privi di storia, originalità e identità) dove ci si trova senza incontrarsi, mi sono sentito rappresentato, quasi a far parte di quell’esercito che lei aveva titolo per capitanare.
La possibilità di procurarsi ciò che altrimenti non si potrebbe, il gusto del risparmio, l’esaltazione di fare un affare, scatenava l’istinto all’acquisto, gettava le persone in un intrico di strettoie, in una baraonda di genti: indigeni adusti, altolocati in incognito, metallurgici etruschi, domestiche caucasiche, badanti magiare, erbaiole valderesi, castagnai garfagnini, astrologi caldei, labroniche marinare, turisti alamanni; un coacervo sperimentato nel foro al tempo dell’impero. Giunti dalla Nubia, dalla Cirenaica, attraverso il deserto, oltre le colonne d’Ercole, incuranti del recente virus estremorientale.
Non ho più visto quella donna, non so se saprei riconoscerla, ma con lei, che fosse davvero o che ne avesse la parvenza (un po’ come quando Hegel in Napoleone a cavallo credette di scorgere l’“anima del mondo”), mi è sembrato di essere testimone oculare dell’idea materializzata, della personificazione dello spirito del consumismo.