Tolleranza
di - mercoledì 11 ottobre 2023 ore 09:00
L’idea generale di accettare di buon grado le diversità di opinioni, comportamenti, usi e costumi, ecc. si declina in modo complesso e diversificato nei vari àmbiti della vita associata: etico, religioso, politico, formale (nel consentire un margine qualsiasi) e persino tecnico.
L’accezione più “importante” va dalla persona allo Stato: dalla virtù della comprensione e sopportazione all’etica di ammettere altre ideologie o fedi. E proprio in campo religioso sono emerse, almeno così è stato nel passato, le maggiori difficoltà poiché ogni fede per sua natura tende a essere esclusiva e meno razionale.
La tolleranza nei rapporti personali.
Ci occuperemo un’altra volta dell’aspetto personale e della virtù relativa, bene esemplificata dal precetto della sesta opera di misericordia spirituale: sopportare pazientemente le persone moleste. E perciò trascuriamo qui anche l’eterno contrasto tra suocera e nuora. Lo faremo non senza prendere le distanze dalla condanna linguistica riservata alla suocera (che, con palese ingiustizia, salva il suocero): infatti il termine, nel secondo significato, quello figurato, indica persona invadente, petulante e autoritaria. Qui ho l’occasione en passant per scusarmi, a nome di quei responsabili che non hanno intenzione di farlo, che non mostrano ravvedimenti, con tutte le suocere discrete, condiscendenti, miti e persino dolci. Suocera/nuora appartiene al passato di forzate e durature convivenze, attuale è semmai marito/moglie. Quando dall’America giungeva la notizia che era sufficiente il cattivo odore emanato dalle estremità (puzzo di piedi) del coniuge per chiedere il divorzio s’è creduto si trattasse di soglia di tolleranza, in realtà, come abbiamo appurato in seguito, uno dei due o tutt’e due avevano trovato un’altra persona e finiva una monogamia poco “naturale” per la nostra specie: non siamo pinguini. Certo sarebbe più semplice e pratico non sposarsi.
La tolleranza nel confronto politico.
La tolleranza rivela la verità e consistenza effettiva di una democrazia, quando infatti non è la dittatura della maggioranza. La “sublime” dichiarazione “Non condivido la tua opinione ma darei la vita (o mi batterei, che ci passa differenza) perché tu la possa sostenere” attribuita a Voltaire, autore di pagine potenti sul tema a lui caro, ma non sua, dovrebbe fare effetto se a pronunciarla non fossero fior d’ipocriti (e già un tantino ipocrita o furbesca è di per sé). La Tolleranza (a cui pensava Voltaire) si riferiva a grandi questioni, in particolare alla Libertà religiosa. Oggi nel chiacchiericcio massmediatico si applica nella versione di uno stucchevole politically correct tra opinionisti seri da una parte e da strapazzo dall’altra. La questione però è tutt’altro che semplice. Presuppone uno scontro d’idee puro e disinteressato, non inquinato. Se un interlocutore, un avversario, un contendente è corrotto da motivazioni personali, ambizione o altri lucri, è cioè al soldo di qualcuno, quanto, allora, è rispettabile la sua opinione? E ancora. L’imbecille? Lotteresti per difendere la possibilità di dar voce alla sua stoltezza? Per chi assiste e giudica potrebbe essere utile ipotizzare la quantità e la qualità dell’interesse e l’indipendenza di chi parla e si fa esponente di una posizione. Un esercizio che può aiutare a capire. Tolleranza non significa consociativismo, né dover accettare o riconoscere la posizione dell’avversario nel dibattito politico come dialogo euristico se consideriamo quelle posizioni dannose e un ostacolo deliberato al progresso nella vita dei popoli (altrimenti la politica è vuota chiacchiera da salotto). Se si è certi di una questione e non siamo in dubbio su diverse e contrarie interpretazioni non sarà la Verità ma è coerenza e vissuto convincimento.
Nicola Belcari
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P.S. Personalmente sono talmente convinto della bontà della tolleranza, che volendo fondare un partito con gli amici avevo pensato di chiamarlo “La casa di tolleranza” (che mi rammenta qualcosa).