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Dai Medici ai Lorena

di - martedì 14 febbraio 2023 ore 08:00

Da Cosmopoli a Portoferrajo

Cosimo III, granduca di Toscana dal 1670 al 1723, preoccupato dal problema della successione cerca di far approvare la linea ereditaria femminile affinché possa continuare la dinastia dei Medici dopo la sua morte e dopo quella di Gian Gastone. La corte imperiale respinge la linea femminile e, poiché Gian Gastone non può generare figli, di concerto con Austria, Francia, Inghilterra e Olanda è stabilito che la Toscana divenga feudo maschile del Sacro Romano Impero; Livorno sia trasformata in porto franco e l’Elba, unificata entri a far parte del Granducato di Toscana.

La decisione suscita grande polemica a Firenze e sia il Medici sia la corona di Spagna rafforzano i rispettivi presidi elbani e tirrenici, in vista di una possibile contesa militare fra le dinastie europee.

Sembra che una nuova guerra debba scoppiare, ma è trovato un accordo con i buoni auspici del papato e dell’Inghilterra. Deceduto il settimo e ultimo Medici nel luglio del 1737, diviene granduca di Toscana Francesco Stefano di Lorena, marito di Maria Teresa d’Austria. Egli prende possesso di Firenze e della Toscana solo nel 1758 poiché, scoppiata la guerra dei Sette anni, il nuovo signore preferisce inviare a Firenze un proprio plenipotenziario. Intanto si combatte l’ultima guerra dinastica in Europa, prima dello scoppio della rivoluzione francese, il cui unico effetto positivo è di non coinvolgere il territorio italiano.

Effetto favorevole è che tra l’imperatore d’Asburgo e i sultanati di Tripoli e Tunisi è stipulato un accordo di non belligeranza, liberando le nostre coste dal pericolo delle incursioni dei corsari di Barberia. Con l’avvento di Pietro Leopoldo Asburgo-Lorena, futuro Imperatore porta inoltre una ventata di novità, operando una vasta riforma amministrativa e legislativa. Il codice leopoldino è considerato il più innovativo d’Europa; è abolito e riformato il ‘maggiorascato’ per cui l’asse ereditario spetta al primogenito; è resa più giusta la procedura penale abrogando la tortura e, primo caso al mondo, è abolita la pena di morte. Cesare Beccaria riformatore e filosofo cattolico scrive: “Parmi un assurdo che le leggi, che sono l'espressione della pubblica volontà, che detestano e puniscono l'omicidio, ne commettono uno esse medesime, e, per allontanare i cittadini dall'assassinio, ordinino un pubblico assassinio”.

Nei primi anni di governo della Toscana, il vero plenipotenziario è il conte di Richecourt che sul piano politico cerca di scindere i legami fra Toscana e il Papato, occupandosi con particolare attenzione al controllo delle opere letterarie e sulla questione della libertà di stampa.

Grazie alle idee dei grandi riformatori toscani come Pompeo Neri, Ludovico Antonio Muratori e Pietro Maffei inizia la riforma delle giurisdizioni feudali, la riflessione fra Nobiltà e Popolo e l’inizio di una riflessione sull’inadeguatezza dell’impalcatura legale rispetto alla realtà storica contemporanea. L’agricoltura è intesa nel suo aspetto sociale a difesa della piccola e media proprietà contadina abolendo alcune servitù.

Tutte queste condizioni favoriscono una crescita economica; Portoferraio in particolare diviene sede del comando della flotta del Granducato; è rilanciato l’intero settore minerario ed è cambiato definitivamente il nome di Cosmopoli in quello di Portoferrajo, collegandosi all’antico nome pisano di ‘Ferraia’, in riferimento al grande afflusso di navi cariche di minerale che sostano o passano in quella rada ampia e sicura.

Pietro Leopoldo fa costruire il Fanale sullo spuntone di roccia, che guarda verso settentrione, a fianco del Forte Stella, segno ancora ben visibile del ‘buon governo’ lorenese. Della speciale cura delle questioni militari, economiche e amministrative, rimane l’attenta relazione redatta dal granduca nella visita fatta in Portoferraio nell’anno 1769. Partito da Livorno il 26 giugno, in compagnia della moglie e con due suoi stretti collaboratori, a bordo dell’ammiraglia e con alcune fregate al seguito, Pietro Leopoldo arriva a Portoferraio il giorno successivo.

Il granduca detta queste note: “(...) Quasi tutta l’isola appartiene al principe di Piombino, la di cui capitale è Marciana, oltre il quale vi sono sette o otto altri castelli, i più ricchi dei quali sono Rio a causa della miniera del ferro e Capoliveri a causa delle sue molte possessioni di terreni (...) La parte che appartiene alla Toscana è di un miglio o due di diametro da tutte le parti della città di Portoferraio e oltre a questa non contiene che tre o quattro case sparse per la campagna. Il territorio del re di Napoli consiste nella città e porto di Longone e nell’estensione del tiro di cannone intorno alla medesima fortezza. Tutta l’isola è molto montuosa, le valli sono fertili e buone e vi è anche un piccolo porto a Marciana per piccoli bastimenti. I prodotti principali di quest’isola sono il vino, il quale benché salmastro è un oggetto di esportazione e di commercio per loro; produce anche dei grani, ma in piccole quantità e cattivi in qualità, essendo di paglia molto corta e con pochi grani nelle spighe; l’olio e la seta vi verrebbero molto bene, ma l’incuria degli abitanti fa che non ve n’è quasi punto; pochi frutti e punti erbaggi; vi viene molti agrumi e limoni nella terra e molti aloe; il grano vi riesce rare volte ed il terreno è tutto mezzo arenoso e cattivo (...)”

Continua la dettagliata descrizione dell’isola, in particolare di Portoferraio, e in alcuni passi il Lorena diviene acuto e pungente quando delinea non solo le istituzioni cittadine, ma parla dei loro rappresentanti, descrivendo assai precisamente ciascun curatore della cosa pubblica. Egli analizza la situazione politico-amministrativa dell’isola notando che l’Elba è sede di un governatore civile, uno militare, di una compagnia di veterani, di un capitano di porto, di un auditore di tribunale, di un cancelliere criminale e di vari consoli e vice-consoli della Repubblica di Genova, del Regno di Sardegna, di Napoli, d’Olanda e Malta. Costoro sono descritti come uomini di scarsa istruzione e di basse condizioni economiche. Riporta che Portoferraio è sede di una chiesa arcipretale; di un convento l’ospedale militare; le due Confraternite, quella della Misericordia dotata di ‘Spedale degli Infermi’ e quella del Corpus Domini, assai indigente.