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L’importanza della formazione nel diventare genitori

di - sabato 28 gennaio 2023 ore 12:10

Un altro insegnamento della storia di Sigmund Freud è l’importanza di acquisire una salda maturità prima di diventare genitori, quella maturità di chi vede, al di là delle apparenze della vita, il senso della Vita.

Quello che sto dicendo è ben espresso da una poesia dell’”Antologia di Spoon River”: Griffy il bottaio”.

“Il bottaio deve intendersi di tinozze.

Ma io conoscevo anche la vita,

e voi che vi aggirate fra queste tombe

credete di conoscere la vita.

Credete che i vostri occhi spazino su un largo orizzonte, forse,

in realtà state solo guardando le pareti della tinozza.

Non potete sollevarvi ai suoi orli

E vedere il mondo esterno delle cose,

e così vedere voi stessi.

Siete sommersi nella vostra tinozza –

Tabù e regole e apparenze,

sono le doghe della vostra tinozza.

Spezzatele e rompete l’incantesimo

Di credere che la vostra tinozza sia la vita,

e che voi conosciate la vita!”.

Vedere il cambiamento della Vita e rispecchiarla è il compito affidatoci dalla Vita.

All’interno della Vita le “istituzioni” dovrebbero essere “vitali”, altrimenti sono solo un modo per riprodurre se stesse, per sopravvivere fino a morire. Quando scrivo “istituzioni” intendo anzi tutto l’Io della persona e con esso le varie “istituzioni” che attraversa e verso le quali l’Io dovrebbe essere fattore di cambiamento, se davvero rispecchia la Vita.

Il mestiere di vivere dovrebbe dunque ispirare ogni nostro atto, ma - in una società patriarcale, competitiva, narcisistica, votata allo sfruttamento ed al controllo dell’altro – il mestiere di vivere è la porta stretta attraverso cui passare. Se l’individuo finisce per credere alle doghe della propria tinozza, allora diventa fattore di rigidità delle istituzioni e, nei momenti della sua vita, diventerà la rigidità della propria funzione ed i ruoli ne risentiranno: la coppia coniugale si forma perché ad una certa età lo si deve fare; gli insegnanti non formano (e spesso neanche informano), ma riducono la scuola a posto di lavoro, un luogo dove si spendono i soldi della macchina statale senza senso; il lavoro è un modo di essere ricattati; la relazionalità amicale è passa-tempo.

Il padre di Freud, Jacob, aveva venti anni più di Amalia, madre di Freud; il loro “fidanzamento” era durato pochissimo (tanto che qualcuno ha sospettato che Amalia fosse gravida di un altro uomo); il loro “matrimonio” era il confluire di due famiglie, non di due individui e quindi di due famiglie: tutto ciò era congruo con la cultura patriarcale ebraica cui entrambi appartenevano. Jacob aveva, inoltre, già due figli (uno maggiore di Amalia, l’altro coetaneo di Amalia) e un nipote, John, maggiore di un anno rispetto a Sigmund. Si aggiunga infine che Jacob non riusciva a mantenere la famiglia, che aveva bisogno dell’aiuto della famiglia d’origine di Amalia.

In un rapporto coniugale “sano”, all’interno di una società “sana”, non c’è differenza generazionale tra i coniugi, perché ognuno dei due vede nell’altro se stesso e quegli aspetti che completano la propria individualità; l’asimmetria del rapporto è una ricchezza e non obbliga alla proiezione nell’altro di ciò che è mancato nell’istituzione precedente, nella famiglia d’origine. I coniugi si sono svincolati affettivamente e materialmente dalle rispettive famiglie d’origine, che finiscono per essere un supporto, un “porto di mare”, che svolge una funzione di emergenza nelle tempeste diurne e notturne. Ognuno dei due coniugi è in grado di mantenere un rapporto “genitoriale” con se stesso e, quindi, con l’altro: è in grado cioè di “mentalizzare”.

La mentalizzazione genitoriale si riferisce alla capacità di sentire e pensare se stesso come figlio di se stesso, di prendersi per mano vedendo i propri comportamenti e quelli dell’altro nel contesto degli stati mentali.

Il processo di mentalizzazione nell’individuo e nella coppia si sviluppa attraverso la pratica di osservare ed ascoltare se stesso e quindi l’altro. È qualcosa che inizia, parallelamente al radicarsi dell’attaccamento alla vita, prima della nascita del bambino e si sviluppa nel corso della gravidanza, del parto e dei primi otto mesi di vita per poi proseguire in altri modi e con altre figure. Il bambino segnala alla madre, attraverso la comunicazione non-verbale, la propria mente; questo segnale risuona nella madre, che riflette il segnale e lo esprime amplificandola. Questo rispecchiamento esprime l’affetto metabolizzato e rappresenta l’interiorizzazione dell’immagine dell’oggetto, che apre alla rappresentazione di un ordine superiore: quello del Sé mentale, che connette simbolicamente lo stato interno.

La connessione mentalizzata attraverso la comprensione condivisa permette un “incontro di menti”e porta a un migliore funzionamento interpersonale e, quindi, a maggiori possibilità di raggiungere gli obiettivi nella vita e nelle relazioni. Si impara, in questo modo, a dare un senso all’azione di se stesso e degli altri in relazione agli stati mentali (pensieri, sentimenti, desideri, credenze); a vedere se stesso dall’esterno e gli altri dall’interno; a comprendere l’incomprensione; ad avere la mente in mente; a guardarsi dentro attraverso l’introspezione per l’autocostruzione soggettiva. Conosci te stesso come gli altri ti conoscono, così viene conosciuto anche il sé soggettivo, la tua esperienza.

Questo processo formativo viene però interrotto e corrotto nella “desolation road”, la “strada della desolazione” come la chiama Bob Dylan: l’attaccamento alla madre è stato insicuro e la mentalizzazione non è stabile; sorgono allora stati pre-mentali rigidi e automatici, le interazioni sono improntate al controllo, diventano coercitive e l’attaccamento insicuro indebolisce ulteriormente la mentalizzazione. L’insicurezza nei rapporti umani, propria dei contesti coercitivi, si esprime nel fatto che le “istituzioni” (l’individuo, la diade coniugale, la triade genitori-bambino, la famiglia dell’infanzia, la scuola, il mondo del lavoro, il mondo delle relazioni) esprimono la rigidità interiore.

La vita diventa allora banale, come canta Enzo Jannacci in “Ecco tutto qui”:

“Mah!... Strana la vita… ma è come se la vita fosse un modo di morire

strana la storia… eh già, ma è come se la storia si lasciasse raccontare

strana la gente, ma è come se la gente gli importasse di capire

Strano cantare… strano cantare

Canta una giostra… ma giù nel baraccone il disco è sempre uguale

Gira la ruota… però la luminaria com’è stata accesa male

Senti una nota… e allora se ogni volta che ti dicono di cantare, devi cantare… devi cantare

E la canzone era per noi… noi… noi

Tu non mi amavi e mi stavi vicino… vicino

io che giocavo col vecchio violino… il violino

poi sotto il sole giù al vecchio mulino… fare anche all'amore

Io che tiravo a non farmi capire… capire

tu che provavi a parlarmi d'amore… eh l’amore

finiva in riso vergogna e sudore… Ecco tutto qui.

E la canzone dice… Stupida vita… è come se la vita ti trovasse il primo amore

Stupida storia… è come se la storia la potessi raccontare

Stupida gente… eh, ma è propria a questa gente che la storia piace ancora

Stupido dire, stupido dire… che quei due morti siamo noi, noi… noi cosi bianchi, cosi stretti vicino… vicino

qualcuno piange, uno tocca il violino… violino

Va via anche il sole dal vecchio mulino… per un altro amore

Noi che bisognava cercar di capire.. capire … capire cosa? … che forse era amore… eh, l’amore

Gli occhi perduti per non far rumore… Ecco tutto qui.”.

È fondamentale dunque la formazione prima di diventare individui, genitori, insegnanti, lavoratori, artisti…

Ce n’è abbastanza per fermarsi e rimandare alla prossima.

(continua)