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Attualità martedì 15 ottobre 2024 ore 18:09

Ricercatori toscani studiano le ferite nello spazio

Gli effetti della microgravità sul processo di guarigione dei tessuti al centro di uno studio internazionale coordinato dall'università di Firenze



FIRENZE — Nello spazio le ferite guariscono più lentamente. E' quanto emerge da un esperimento internazionale coordinato dall'università di Firenze per capire gli effetti della microgravità sul processo di guarigione dei tessuti, i cui risultati sono stati presentati oggi a Milano durante l’International Astronautical Congress, uno degli appuntamenti mondiali più importanti per l’esplorazione e i servizi spaziali.

Suture in space, questo il nome dello studio durato ben sette anni dalla progettazione ai risultati: è consistito nello sviluppo di alcuni modelli di ferite suturate, realizzati a partire da campioni di tessuti biologici, che sono stati inviati sulla Stazione spaziale internazionale e poi riportati sulla Terra per essere analizzati.  

I campioni biologici sono partiti nel novembre 2022 a bordo di SpX 26 dal Kennedy Space Center di Cape Canaveral, in Florida. Una volta arrivati sulla stazione spaziale internazionale sono stati inseriti in un incubatore alla temperatura di 32 gradi. Dopo 4 giorni la metà sono stati congelati a meno ottanta gradi e l’altra metà ha avuto lo stesso trattamento dopo 9 giorni, grazie ad un hardware realizzato dalle aziende Kayser Italia di Livorno e la tedesca Ohb.

Lo studio è stato guidato da Monica Monici del Laboratorio Congiunto ASAcampus per la Biologia degli Stress Fisici realizzato dal Dipartimento di Scienze Biomediche Sperimentali e Cliniche dell’Università di Firenze e dalla Divisione Ricerca di ASA (Arcugnano, Vicenza), azienda che opera nel settore della produzione di sistemi laser per applicazioni mediche e apparecchi per magnetoterapia. La ricerca, selezionata dalla European Space Agency e finanziata dall’Agenzia Spaziale Italiana, ha coinvolto l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi e numerosi atenei italiani ed europei.

"Nella prima fase del progetto - spiega una nota dell'ateneo fiorentino- il Laboratorio Congiunto si è occupato di sviluppare dei modelli di ferite suturate basati su colture ex vivo di tessuti umani, cute e vasi sanguigni. Il tutto grazie allo sviluppo di una tecnica di coltura che ne preservava la vitalità per oltre 4 settimane. Questa attività è stata svolta in collaborazione con chirurghi dell’Aou Careggi e del Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica dell’Università di Firenze"

Una volta tornati sulla Terra, i campioni sono stati analizzati con la collaborazione degli altri partner nazionali e internazionali del progetto: le università di Milano, di Siena e del Molise e le università di Amsterdam, di Aarhus e di Lucerna.

“Tutti i campioni biologici - spiega Monica Monici - sono stati divisi e condivisi con i diversi gruppi di ricerca italiani ed europei coinvolti nel progetto. Ciascuno ha effettuato sulle porzioni di tessuto analisi specifiche i cui dati sono stati raccolti ed elaborati per ottenere un quadro d’insieme dei risultati”.

“Gli esiti dell’esperimento, in prima battuta, hanno confermato quello che altre ricerche, svolte preliminarmente, avevano già suggerito: il processo di guarigione delle ferite nello spazio è ritardato e alterato rispetto a Terra – spiega Monici -. Uno degli obiettivi principali del progetto era quello di ottenere informazioni sulla fase di rimodellamento dei tessuti durante il processo di guarigione delle ferite. I risultati ottenuti – continua Monici - dimostrano che nello Spazio ci sono importanti cambiamenti nei rapporti quantitativi tra le varie componenti della matrice extracellulare, che si riflettono anche sulle sue proprietà meccaniche. La matrice extracellulare è la componente non cellulare dei tessuti e non solo è un supporto strutturale per le cellule ma anche trasmette loro stimoli biochimici e meccanici, quindi svolge ruoli di primaria importanza. Inoltre, si sono osservate alterazioni riguardanti l’attivazione di popolazioni cellulari coinvolte nel processo di guarigione delle ferite, come i fibroblasti e i cheratinociti”.


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