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Attualità mercoledì 27 luglio 2016 ore 17:30

Un migrante in famiglia

Servizio di Serena Margheri

I toscani potranno accogliere nella loro abitazione uno o due stranieri richiendenti asilo in collaborazione con le associazioni di volontariato



FIRENZE — Dopo dieci mesi il Viminale ha concesso alla Regione l'autorizzazione ad ospitare nelle famiglie toscane gli immigrati che richiedono la protezione internazionale. La relativa intesa è stata siglata oggi fra prefettura di Firenze e Regione Toscana.

Così da domani, 28 luglio, sarà riaperto il numero telefonico a cui potranno rivolgersi  i cittadini disponibili ad accogliere un profugo in casa.

 E' la prima esperienza del genere in Italia estesa ad un intero territorio regionale. Il numero non sarà più quello attivo fino a novembre dello scorso anno, a cui in un paio di mesi si erano rivolti in seicento per mettere a disposizione 250 posti in casa e duecento appartamenti da affittare. Risponde sempre la Regione, ma si dovrà chiamare lo 055.4383030.

"Con l'accoglienza in famiglia apriamo una nuova frontiera che rafforza il modello toscano di accoglienza diffusa - ha commentato l'assessore regionale all'immigrazione, Vittorio Bugli - Aiuterà anche l'integrazione e la reciproca conoscenza. Ora sarà decisivo il coinvolgimento dei Comuni".

Ecco come funziona:

Visita della Asl e poi scelta del gestore
Chi telefonerà dirà dove si trova la casa o l'appartamento, il numero di vani e la composizione del nucleo familiare, anche mononucleare, professione e eventuali lingue straniere conosciute. L'anno scorso avevano telefonato un po' da tutta la Toscana, dalle città e dalla campagna, dalla montagna e dalle isole. Avevano telefonato i pensionati come le giovani coppie, le famiglie senza e con figli. Successivamente chi ha dato disponibilità sarà ricontattato, nel giro di pochi giorni. Saranno ricontattati anche tutte quelle persone che si erano fatte avanti l'anno scorso, per capire se rinnovano la disponibilità. Naturalmente, per tutti, dovrà essere verificata l'adeguatezza della sistemazione: ci penserà la Asl in prima istanza, ma potrebbero essere coinvolti anche i servizi sociali comunali. Dopodiché, se ci sarà l'okay di tutti, la famiglia dovrà scegliere l'ente gestore co n cui avviare la collaborazione – ovvero uno tra i soggetti, per lo più associazioni e cooperative, che al momento hanno convenzioni in Toscana con le prefetture per offrire accoglienza ai richiedenti asilo – e quindi prefetture e gestori individueranno insieme chi, tra gli ospiti delle strutture toscane, inserire all'interno del nucleo familiare. Un migrante per casa, al massimo due (salvo casi particolari).

Un posto in famiglia solo per chi è da sei mesi in Italia
Non tutti i profughi, è evidente, potranno essere accolti in famiglia. Di sicuro non ci andrà chi è appena arrivato in Italia. Saranno individuati quelli col maggior grado di autonomia e che meglio conoscono l'italiano, in ogni caso i richiedenti che con il proprio profilo meglio dimostreranno di confarsi alla particolare sistemazione. L'esser in Italia da almeno sei mesi e l'aver dimostrato un comportamento corretto sono i paletti inseriti nel protocollo. Quella in famiglia sarà un'accoglienza di secondo e terzo livello: successiva ai centri di accoglienza temporanea, in qualche caso utile dopo un passaggio magari negli Sprar. Dell'accoglienza in famiglia usufruirà dunque solo una piccola parte degli oramai oltre novemila richiedenti asilo ospiti delle tante piccole strutture disseminate nel territorio toscano, alcuni qui già da due anni oramai, ancora in attesa di una risposta definitiva, tra prima istanza ed eve ntuale appello, alla richiesta di permesso umanitario e protezione internazionale. I posti da questi liberati potranno così essere occupati da eventuali nuovi arrivati.

Chi fa cosa: patto e addendum
Le famiglie dovranno pensare al vitto (colazione, pranzo e cena) e all'alloggio, compresa la pulizia della biancheria. Gli enti gestori continueranno, come ora, ad occuparsi del resto, ovvero corsi di lingua, servizi di accoglienza e pratiche burocratiche. Le prefetture firmeranno una sorta di contratto con gli enti gestori. Questi, a loro volta, sigleranno un patto di solidarietà con le famiglie. Ci sarà pure un addendum, dove famiglie e gestori specificheranno ulteriori dettagli: la ripartizione, ad esempio, dei 35 euro al giorno erogati per ogni richiedente asilo dall'Unione europea (con il parziale contributo dello Stato). Nel protocollo e patto di solidarietà non è specificato: l'idea, sulla base di una stima dei costi che ciascuno dovrà sobbarcarsi, è di lasciare indicativamente 19 euro al gestore, compresi i 2,5 di pocket money (che è la diaria giornaliera a disposizione dei migranti), e girare alle famiglie i 16 euro che rimangono, che saranno considerati come rimborso spese e dunque non tassabili. L'agenzia delle entrate già si è espressa positivamente al riguardo. Nell'addendum potrebbe finire anche la durata della permanenza del richiedente asilo in famiglia: fermo restando che l'accoglienza potrà interrompersi in qualsiasi momento, l'indicazione sarebbe quella di non meno di tre mesi e non di più di un anno. Per chi deciderà di accogliere un richiedente asilo in casa sarà organizzata una giornata di formazione.
Sul sito della Regione sarà pubblicata una pagina con tutte le informazioni utili.

Appartamenti a disposizione
Il protocollo non riguarda la messa a disposizione di appartamenti e seconde case. Le famiglie disposte ad affittare immobili di proprietà saranno messe in comunicazione con gli enti gestori che operano sul territorio. Il numero da chiamare è sempre lo stesso, lo 055.4383030 (da lunedì al venerdì dalle 9 alle 11, il giovedì anche dalle 14 alle 17). L'immobile proposto deve chiaramente avere i requisiti di legge di abitabilità e poter ospitare un numero di persone non inferiore a cinque. Non saranno presi in considerazione immobili che non soddisfano questi due requisiti. I proprietari saranno ricontattati dall'ente gestore dell'accoglienza solo nel caso in cui, nel comune in cui l'immobile è ubicato, si registri la necessità di reperire spazi per l'accoglienza.


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