Arte martedì 27 gennaio 2015 ore 16:36
L'autoritratto di Marisa Mori agli Uffizi
L'opera, un olio su tela intitolato Autoritratto in azzurro, è stata donata alla Galleria dal figlio Franco. L'artista la realizzò intorno al 1920
FIRENZE — Marisa Lutini Mori, erede per parte materna dello scultore Gian Lorenzo Bernini, iniziò a dipingere su suggerimento dello scultore Leonardo Bistolfi e si formò a Torino presso la scuola di Felice Casorati, seguendo i suoi corsi dal 1925 al 1931 fino a diventare assistente dell'artista.
Dopo aver partecipato alle mostre torinesi e milanesi dedicate al circolo casoratiano e ad aver esposto alla XVII Biennale di Venezia del 1930), si avvicinò ai futuristi liguri-piemontesi della seconda generazione, tra cui Enrico Paulucci, Tullio d’Albisola e Fillia. Attiva nel contesto artistico avanguardistico promosso dal regime fascista, aggiornò il suo registro tematico interessandosi al mito della radio e si dedicò alla fotografia e a progetti scenografici. In seguito a partecipazioni alle mostre futuriste di scenotecnica, tra cui la prima Mostra futurista alla Galleria Bardi di Roma del 1933 in cui vinse la medaglia d’argento, tenne la prima personale nel 1934 allo spazio Bragaglia fuori commercio.
La proclamazione delle leggi razziali la indusse a chiudere ogni rapporto con l’avanguardismo futurista, di cui era diventata una singolare esponente dell’areopittura, e a recuperare la figurazione classicista appresa da Casorati. Presente a diverse biennali, quadriennali, mostre di arte femminile, concorsi di pittura estemporanea e ad esposizioni internazionali, si allontanò lentamente dalla scena artistica durante gli anni Cinquanta.
Sul retro dell'autoritratto donato agli Uffizi c'è un paesaggio della stessa autrice.
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