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Cronaca lunedì 04 novembre 2024 ore 18:35
Falso Made in Italy, 18.500 paia di scarpe sequestrate
Il carico è stato intercettato al porto di Livorno, proveniente dalla Tunisia per conto di due ditte operanti in Toscana. Valore: circa 390mila euro
LIVORNO — Scarpe commissionate in Toscana, prodotte in Tunisia, poi rispedite via mare alle due ditte operanti nella provincia di Firenze che vi apponevano una falsa linguetta con dicitura Made in Italy: il traffico è stato scoperto dai funzionari dell’Agenzia Dogane e Monopoli (Adm) che hanno intercettato il carico nel porto di Livorno, finendo col sequstrare 18.500 paia di calzature di pregiata fattura dal valore commerciale complessivo di circa 390mila euro denunciando i legali rappresentanti delle due società.
L'operazione, condotta in collaborazione con gli uffici doganali di Firenze e Pisa e sotto il coordinamento della direzione territoriale interregionale per Toscana e Umbria, si è concentrata sulle numerose e ripetute operazioni di import ed export delle due aziende, che rivelava un intenso traffico consistente, in entrambi i casi, in un considerevole flusso di pellame e accessori in partenza dall’Italia sotto forma di materia prima, diretta in Tunisia.
Nel paese maghrebino venivano effettuate da varie ditte tutte le lavorazioni necessarie alla fabbricazione delle calzature, che venivano poi reimportate praticamente finite in Italia. Entrambe le aziende coinvolte nella vicenda poi presso le loro sedi applicavano all’interno delle calzature una mezza soletta con impresso il marchio commerciale e il Made in Italy, riportato al confezionamento in sacchetti e scatole sempre recanti la prestigiosa indicazione di origine italiana.
L’attività di indagine - che ha portato al sequestro delle 18.500 paia di calzature da uomo, donna e bambino - si è articolata in numerose analisi di dati incrociati relativi a dichiarazioni di esportazione e di importazione nonché diversi accessi presso le società per verificare se le fasi del processo produttivo fossero o meno conformi alle regole previste per il riconoscimento del Made in Italy.
E no: le attività di verifica hanno invece accertato che, in entrambi i casi, le lavorazioni effettuate in Italia sulle calzature fossero assolutamente marginali e insufficienti ai fini dell’applicazione del marchio Made in Italy sui prodotti.
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