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Attualità venerdì 01 agosto 2025 ore 18:00

Come invecchia il cervello? Lo svela uno studio

Il professor Alessandro Cellerino

La causa nello stallo della sintesi delle proteine cerebrali. Scuola Normale Superiore tra i protagonisti della ricerca



PISA — Come invecchia il cervello? Secondo uno studio internazionale, che vede tra i protagonisti la Scuola Normale Superiore di Pisa, la risposta si trova nel rallentamento nella sintesi delle proteine cerebrali.

I ricercatori lo hanno scoperto osservando il processo di invecchiamento cerebrale di un piccolo pesce annuale dell’Africa orientale, il Nothobranchius furzeri (Killifish turchese), noto per la sua brevissima durata di vita in cattività (meno di un anno), e che il professore di fisiologia alla Scuola Normale Alessandro Cellerino, tra i coordinatori dello studio, ebbe l’intuizione di introdurre come nuovo modello per lo studio dell’invecchiamento oltre venti anni fa a Pisa. 

Ed è proprio il professor Cellerino, attraverso una nota della Scuola Normale Superiore, ad  illustrare i risultati dello studio, appena pubblicato sulla rivista Science. "Abbiamo scoperto un fenomeno di stallo nella sintesi delle proteine del cervello del Killifish anziano - spiega Cellerino -. La sintesi di tutte le proteine del nostro corpo è effettuata in ogni cellula dalle stesse macchine molecolari dette ribosomi. I ribosomi scorrono l’Rna e 'leggono' il messaggio genetico da essi portato traducendolo in proteine. Ebbene, questo processo fondamentale è compromesso durante l’invecchiamento cerebrale, infatti i ribosomi non scorrono più liberamente ma stallano, ovvero si bloccano in posizioni precise lungo gli Rna, generando proteine incomplete. I ricercatori hanno constato che queste proteine 'missed in translation' hanno una bassa solubilità e tendono quindi a precipitare all’interno della cellula".

Killifish

"Ma la scoperta sorprendente – aggiunge Cellerino - è che non tutti gli Rna sono soggetti a questo fenomeno nello stesso modo e lo stallo dei ribosomi mostra una chiara specificità: le proteine colpite sono quelle che costituiscono i ribosomi stessi, che quindi diminuiscono di numero generando un circolo vizioso, e le proteine che legano il Dna o l’Rna, impattando altri meccanismi colpiti dall’invecchiamento come la riparazione dei danni al Dna e la sintesi di Rna e proteine". 

Questo fenomeno, spiega la Scuola Normale superiore, non è una particolarità del Killifish: una riduzione nella concentrazione di proteine che legano il Rna nel cervello dell’uomo durante l’invecchiamento è stata descritta lo scorso giugno anche da un gruppo di ricercatori della Università di San Diego in California.

"Abbiamo ora una chiara ipotesi su quale meccanismo possa innescare la sequela di eventi che culmina nella perdita delle funzioni cognitive – aggiunge Cellerino -. Il prossimo passo sarà utilizzare il Killifish per testare sperimentalmente se il trattamento con sostanze che sono in grado di ridurre lo stallo dei ribosomi sia sufficiente a rallentare il decadimento cognitivo. Se ciò fosse vero, data la conservazione del fenomeno tra killifish e uomo, si aprirebbero nuove strade per lo sviluppo di interventi in ambito di medicina umana".

Oltre alla Scuola Normale di Pisa, hanno partecipato allo studio l'Istituto Leibniz di Jena per lo studio dell’invecchiamento e la Stanford University, in collaborazione con la Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli e con l’Università di Trieste. Agli studi sul Killifish della Scuola Normale (in parte finanziati con fondi Pnrr attraverso il progetto Tuscany Health Ecosystem), partecipa anche l’assegnista Sara Bagnoli, che proprio grazie a ricerche sul Killifish ha vinto quest’anno il premio Premio L’Oreal – Unesco donne nella scienza.


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