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Tunisia, a votare meno del 9% degli elettori

di - mercoledì 21 dicembre 2022 ore 12:00

Le elezioni tunisine per il rinnovo del parlamento, che avrebbero dovuto sancire il compimento del programma politico di cambiamento del presidente Kais Saied, si sono invece rivelate un vero e proprio buco nell'acqua. Anche se i pronostici della vigilia lasciavano pensare ad un forte astensionismo nessuno avrebbe immaginato che la partecipazione al voto sarebbe stata inferiore al 9%. Le ragioni alla base di tale esito hanno una doppia motivazione: il boicottaggio elettorale delle principali forze di opposizione e il diffuso scarso interesse per la politica. Protesta, delusione e paura per il futuro hanno prevalso.

La lista dei problemi di questo piccolo stato africano è lunga e seria. Su tutto pesa la crisi economica, con l'inflazione che a novembre sfiorava il 10%. Intanto, la febbrile trattativa in corso con il Fondo monetario internazionale diventa indispensabile per evitare la bancarotta. Mentre, disoccupazione cronica, povertà e aumento delle disuguaglianze si amplificano. I flussi di migranti verso l'Italia sono in crescita. Carenza di cibo, medicine e carburante sono la quotidianità: scaffali vuoti nei supermercati. I bar che hanno difficoltà a reperire il tradizionale caffè, introvabile il latte. Pescherie e macellerie che vendono solo prodotti a basso costo. Storie e cronache di un paese praticamente alla deriva.

Nel 2021 Saied, costituzionalista di fama internazionale al suo secondo anno in carica, aveva impresso un'accelerazione al sistema presidenzialista: sospeso il parlamento e licenziato il primo ministro Hichem Mechichi. Pochi mesi dopo era toccato al Consiglio superiore della magistratura e a seguire ci fu lo scioglimento dell'organo legislativo. A luglio 2022, il referendum che approva la nuova costituzione. E a settembre la legge elettorale è modificata, riducendo a 161 (erano 217) il numero dei seggi. Fino a quel momento la svolta autocratica di Saied ha proceduto senza troppi intoppi. In realtà il malcontento generale non è mai stato nascosto (al referendum costituzionale si erano recati al voto solo il 30% degli aventi diritto). Tuttavia, la popolarità del presidente supera di gran lunga quella dei suoi avversari politici. Ed è per questo che sono in molti a ritenere che queste elezioni non avranno comunque conseguenze sul quadro politico. Il regime di Saied ha di fatto già depotenziato il parlamento, dandogli un ruolo tendenzialmente consultivo.

Della Tunisia che apriva la strada alle rivolte della primavera araba non è rimasta traccia. Tranne il dato storico di aver decretato la fine della dittatura di Ben Ali, figlia di quella di Bourguiba. Il movimento che aveva portato alla nascita di un parlamento costituente post-rivoluzionario, negoziato dai partiti e dalla società civile, è rapidamente imploso tra profonde divisioni ideologiche, e per l'impatto con la burocrazia della corruzione. Il crescente contesto di antipolitica e la frammentazione interna hanno favorito l'ascesa di Saied, ma questi stessi fattori ora rischiano di riflettersi contro di lui ed aumentare l'instabilità.