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Attualità sabato 03 dicembre 2022 ore 09:00

La moda investe in inclusività e diversità, l'esempio Modartech

Abiti che raccontano storie, collezioni inclusive che guardano alla diversità per lanciare un segnale contro i luoghi comuni e gli stereotipi.



PONTEDERA — Sempre più spesso il linguaggio della moda riesce a farsi portatore di importanti messaggi sociali attraverso la realizzazione di capi d’abbigliamento anticonvenzionali. Tra i primi brand a percorrere questa strada ci fu Dior, ma è dalle accademie e scuole di design che è arrivata una spinta importante in tal senso, attraverso le collezioni realizzate dagli studenti, che danno sempre maggior attenzione agli aspetti legati all’attualità come la body positivity, l’inclusività o la lotta agli stereotipi. 

In Toscana uno degli esempi più rappresentativi di questa tendenza è interpretato dall' Istituto Modartech, la Scuola di alta formazione di Pontedera che valorizza il saper fare tipicamente italiano, formando i fashion designer del futuro non solo sul piano accademico, ma anche sotto il profilo tecnico. Una realtà che investe sui valori tipici del Made in Italy, come l’alta sartoria, il fatto a mano, o la costante ricerca dell’innovazione. All’interno delle sue aule sono nate, negli ultimi anni, collezioni che rappresentano non solo un perfetto binomio tra artigianalità e raffinatezza, ma anche esempi di inclusività ed attivismo. 

Ne sono una testimonianza gli abiti di Francesco Ancillotti, che nella sua “Ecletic” fonde mascolinità e femminilità in un nuovo stile che parla di inclusione e libertà d’espressione attraverso vestiti che alternano differenti materiali come il raso, l’organza, la pelle e il velluto. 

Sempre al no gender strizza l’occhio “Mindfulness” di Camilla Pietroni, con capiispirati a coloro che hanno vissuto di eccessi e con trascorsi penali alle spalle. Le linee pulite e minimal della sua collezione richiamano le divise carcerarie in cui l’individuo si libera di tutto e inizia a prendere coscienza del proprio corpo e dei propri valori. 

Si concentra invece sulla capacità di accettarsi la capsule “Scribble Your Anxiety” di Sara Pasqualetti, giovane designer che artigianalmente e in prima persona tinge i capi in modo naturale e li impreziosisce con la tecnica del punto indietro, punto francese e nodi francesi.

Nella sua “Defective Uniform” Elena Morelli vuole invece dar voce ad un sentimento di ribellione contro l’immagine femminile condizionata ancora dai dettami ottocenteschi di bellezza e perfezione. In questo caso gli abiti utilizzano costruzioni modellistiche che accentuano difetti come pieghe, protuberanze, volumi e manipolazione dei tessuti su un tessuto morbido e arrendevole come la lana. 

La collezione “Revival” di Alicia Consuelo Burattini parla invece di femminicidio e discriminazioni nei confronti delle donne. I suoi capi ed accessori sono i messaggeri cromatici che si trasformano in simbolo di una vera e propria rinascita. 

Infine, la collezione “Inclusive” di Rebecca Palumbo interpreta il sogno di una società libera da pregiudizi, attraverso la celebrazione di un’energia potente e positiva rappresentata con capi estrosi e colorati no gender. Tessuti tecnici spalmati e laminati lasciano spazio a stampe all over, ricami, grafiche creative e preziose plissettature. 

Ognuno di questi esempi testimonia quanto i giovani designer siano già pronti ad interpretare il cambiamento, partendo proprio da abiti ed accessori, adesso tocca ai grandi brand avere il coraggio di assecondare questa tendenza attraverso le loro creazioni.


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