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Cronaca sabato 13 aprile 2024 ore 17:30

Sedata la tentata rivolta al carcere della Dogaia

Il carcere della Dogaia di Prato

Tre sezioni detentive prese in mano da alcuni detenuti. Allarme della Cgil: "Feriti tra carcerati e poliziotti, la struttura è abbandonata a sé"



PRATO — Al carcere della Dogaia, nella giornata di ieri, venerdì 12 Aprile, è andato in scena un tentativo di rivolta, con alcuni detenuti che hanno preso il controllo temporaneo di tre sezioni detentive. La situazione, poi, come riportato dalla Funzione pubblica Cgil, è rientrata grazie all'intervento della Polizia penitenziaria in tenuta antisommossa, coadiuvata anche dall'esterno da Polizia e Carabinieri.

"Il bilancio, per fortuna, è stato limitato: 3 feriti, due trasportati al Pronto soccorso e un trasferimento immediato a un altro istituto - hanno spiegato Donato Nolè e Giulio Riccio, coordinatore e vice coordinatore regionale Fp Cgil Polizia Penitenziaria - inoltre, è stato ferito anche un poliziotto della Penitenziaria, con una settimana di prognosi. Quanto accaduto è un ulteriore livello raggiunto dall’abbandono in cui versa il penitenziario".

"Dopo aver concentrato i soggetti di ogni circuito e posizione giuridica di difficile gestione allontanati per motivi di ordine e sicurezza da altre sedi e dopo aver depauperato quello che fino a pochi anni fa era ritenuto un modello dove tutti volevano lavorare, il carcere di Prato è in stato di abbandono - hanno aggiunto - attualmente ospita circa 280 stranieri, che sono quasi la metà della popolazione detenuta. Il numero dei ristretti presenti è poco sotto la soglia della capienza ufficiale, ma è il personale di Polizia penitenziaria che è sotto organico del 25% rispetto a quello previsto".

Sulla carenza degli agenti ha insistito anche Mirko Manna, coordinatore nazionale del sindacato. "Anche i migliori propositi sanciti dalla nostra Costituzione non servono a nulla senza un adeguato numero di personale con adeguata preparazione - ha concluso - con queste lacune, è impossibile sia garantire una condizione detentiva dignitosa, ma soprattutto è diventato impossibile anche lavorare in sicurezza. Nessun altro dipendente pubblico, nemmeno gli appartenenti alle altre forze di Polizia, subisce lo stress di questo continuo stato emotivo".


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